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"Un premio a Mare nostrum". Oltre la tragedia pure la beffa

Mentre i migranti muoiono e l'economia del Sud è in ginocchio la melassa retorica va in onda anche in tv con la comandante Catia

"Un premio a Mare nostrum". Oltre la tragedia pure la beffa

di Tremila donne, uomini e bambini in fondo al mare. Centocinquantamila disperati in un'Italia che non può, né sa, come accoglierli. Il tutto al costo complessivo, secondo le stime del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, di poco meno di un miliardo di euro. Il bilancio di Mare Nostrum, anche se trasformato in opportunità politica o in «docu-fiction televisiva», difficilmente perde i suoi connotati di tragedia umana, sociale ed economica. Rischia però di diventare rappresentazione stantia e insopportabile. Soprattutto se qualcuno cerca di lucrarci aggiungendoci la melassa della retorica condita con l'interesse personale.

Il ministro per gli affari regionali Maria Carmela Lanzetta ci sta provando. La sua proposta di candidare al Nobel per la Pace l'operazione Mare Nostrum assieme alle regioni Sicilia, Puglia e Calabria - unite in sinergica disgrazia con il Comune di Lampedusa - ha il sapore del peggior opportunismo politico. Da un ex sindaco come Maria Lanzetta si pretenderebbe la capacità di cogliere i sentimenti dei cittadini. E di capirne il disorientamento di fronte ad un'operazione che ha scaricato su di loro costo e peso di una missione sbagliata nei presupposti e devastante nelle conseguenze. Un'operazione di soccorso diventata calamita per i disgraziati convinti che le nostre navi rappresentassero un ponte sicuro tra gli inferni africani e le illusioni del Paradiso Europa. Ma quel ponte spesso non era lungo abbastanza. E l'illusione diventava salto negli abissi. Assegnare un Nobel per la Pace ad una missione indirettamente responsabile dell'annegamento di tremila persone che, senza la fata Morgana di Mare Nostrum, sarebbero rimaste altrove appare macabro e grottesco. Ma ancor più di cattivo gusto è l'idea di garantirsi quarti d'ora di notorietà immaginando di sanare con la lucciola di un Nobel i danni al turismo e all'economia subiti da regioni e comuni vittime dell'invasione migratoria. Sul versante dell'indigesta retorica spicca invece il tentativo di trasformare in mielosa telenovela l'impegno professionale del comandante Catia Pellegrino e degli 80 fra marinai e ufficiali della nave Libra impegnati nelle operazioni di soccorso di Mare Nostrum.

«La scelta di Katia, 80 miglia a sud di Lampedusa» propinataci da Corriere della Sera e Rai Fiction è una via di mezzo tra una telenovela e un filmato da Istituto luce montato con specifiche del Minculpop.

L'uso di musiche hollywodiane alternate ed un editing spregiudicato ed accattivante punta a privilegiare i sentimenti sulla ragione. Trasformando Catia e i suoi marinai in protagonisti di un prodotto che non è né da grande quotidiano, né da servizio pubblico. Un prodotto in cui la spettacolarizzazione della tragedia e le emozioni da libro Cuore servono a coprire errori e scelte sbagliate di chi ha deciso e mantenuto in vita quell'operazione. E a non farci capire perché prima di lanciare quell'immane e costosa missione non si sia raggiunto un accordo con Bruxelles per la suddivisione dei costi e degli immigrati. Questa melassa indigeribile, dove una puntata dedicata al salvataggio di bambini, donne e uomini in balia dei flutti si alterna al compleanno tutto palloncini e candeline di capitan Catia, qualche verità indesiderata però la regala. E quella dell'infermiere che veste mascherina, camice e guanti prima di esaminare gli immigrati provenienti da una Nigeria dove ci spiega infuriano «malattie endemiche». Dicasi Ebola. Alla faccia di chi per mesi raccontava di rischi inesistenti.

O quella dell'ufficiale che sorridendo ripete «Ce la faremo a svuotare un continente... serve solo un po' di tempo ma lo svuotiamo».

Piccole scomode verità che neanche la retorica sdolcinata e stucchevole di musica, montaggio e frasi ritagliate ad effetto riescono a seppellire.

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