Promosso (col trucco) il boiardo della Boschi

Nominato al Consiglio di Stato e subito fuori ruolo: così salva lo stipendio

Promosso (col trucco) il boiardo della Boschi

Roma - Un gioco di prestigio degno di David Copperfield. Protagonista è un superboiardo di Stato, Paolo Aquilanti, il funzionario più vicino alla sottosegretaria Maria Elena Boschi, già capo dipartimento dei Rapporti con il Parlamento sotto l'egida dell'allora ministra. Dopodiché è assurto al ruolo di segretario generale di palazzo Chigi con Matteo Renzi, confermato dall'attuale premier Paolo Gentiloni. Più di recente, però, Aquilanti è riuscito a farsi confezionare un pacchettino niente male.

Per capire la situazione bisogna risalire al 9 novembre del 2016, quando il consiglio dei ministri (all'epoca guidato da Renzi) approva la nomina di Aquilanti al Consiglio di Stato. Nessuno però realizza che il boiardo viene immediatamente messo fuori ruolo da Palazzo Spada. E qui sta la prima parte del gioco di prestigio: il funzionario, per poter restare seduto sulla poltrona di segretario generale di Palazzo Chigi, viene collocato fuori ruolo dal Consiglio di Stato senza averci mai messo piede. Il tutto in attesa di percepire un superstipendio dallo stesso Consiglio di Stato, sua nuova amministrazione di provenienza. E peccato se la legge 186 del 1982 dica che «il collocamento fuori ruolo può essere disposto soltanto per i magistrati che abbiano svolto funzioni di istituto per almeno quattro anni».

Ma c'è di più. A quanto risulta Aquilanti è stato messo fuori ruolo con una decisione del Consiglio di Stato che però non è ancora passata al plenum del Cpga (Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa), in pratica il Csm dei consiglieri di Stato e dei magistrati Tar. Come mai? L'organo, contattato dal Giornale, non ha fornito risposte. Segno evidente dell'estrema delicatezza della situazione. L'unico riscontro è arrivato dal consigliere di Stato Ermanno De Francisco, membro della Commissione che si occupa dei collocamenti fuori ruolo, il quale si è limitato a dire che «essendo l'argomento tuttora in corso di esame da parte del Cpga è mia opinione che non vi sia luogo, almeno e soprattutto non in questa fase, a interlocuzioni esterne dei suoi componenti». Non c'è che dire, un manifesto alla trasparenza. Non che vada meglio dalle parti del governo.

Sondato sulle stesse questioni, Palazzo Chigi si è limitato a dire che dal combinato disposto di norme successive (legge 400/1988 e decreto legislativo 303/1999) il collocamento fuori ruolo di un segretario generale «è obbligatorio e viene disposto, secondo le procedure degli ordinamenti di appartenenza, anche in deroga ai limiti temporali, numerici e di ogni altra natura eventualmente previsti dai medesimi ordinamenti». Una deroga pienamente sfruttata dal superfunzionario amico della Boschi.

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