Ma quali palme, la bellezza di Milano è in fiore

La primavera risveglia le piante "lumbard". Che coprono di colori i banani della discordia

Ma quali palme, la bellezza di Milano è in fiore

All'ombra delle fanciulle in fiore (probabilmente sono un gruppo di turiste arrivate a Milano dall'Est o dal Nord Europa, con le borse del dopo-shopping in una mano e il gelato nell'altra, cicalanti in lingue incomprensibili), spuntano i fiori della magnolia. Largo Cairoli si riappropria del suo piccolo tesoro rosato, omaggio primaverile non soltanto alle suddette fanciulle dall'eterea bellezza, ma anche al resto della città, quella senza dubbio esteticamente meno gradevole, comunque impaziente di uscire dal solito, pesante, inverno scandito da polveri sottili e polemiche ingombranti.

Quelle polemiche, per esempio, che hanno accompagnato, diremmo quasi concimato, la collocazione delle palme e dei banani in piazza del Duomo. Pochi metri in linea d'aria, ma una distanza siderale in linea di principio separano l'apertura circolare affacciata sul Castello dal sagrato che la Madonnina osserva dall'alto, sempre più perplessa. Gli ospiti mediterranei, anzi africani che hanno fatto tanto discutere, se li guardi bene ti danno l'impressione di non sentirsi a loro agio, assediati dai taxi in nervosa attesa e dai consumatori di cheeseburger a ciclo continuo. E la compagnia dei ragazzotti neri venditori di braccialetti semi-artigianali non basta per farli sentire come a casa. Figli vegetali del neo-perbenismo, sono pesci fuor d'acqua, comparse con l'orologio al polso in un film mitologico, rinsecchiti dalla nostalgia per spiagge assolate e sabbia candida. Invece la magnolia che tre anni fa se l'era vista brutta è di nuovo bella, esplode di un colore impressionista che s'intona ai palazzi grigi circostanti. Milano sa offrire di questi spettacoli, quando vuole e quando può, quando è la Natura a condurre il gioco, non i piani regolatori o certi lavori pubblici talmente sgrammaticati da risultare impubblicabili.

La magnolia di largo Cairoli, come certe mimose nascoste in qualche cortile, lontano dagli occhi indiscreti dei predatori sempre pronti a spogliarle per sacrificarle all'8 marzo, altra tassa perbenista, è un segno del tempo, un appuntamento milanese da non perdere, quasi come fosse un derby. Ma in questi giorni sta passando in secondo piano a vantaggio di una novità, prontamente promossa, replicata da instagrammate varie ed eventuali. Si tratta del Bosco verticale di Porta Nuova, che esordisce con coriandoli multicolori nel panorama cittadino. La carta d'identità delle due torri residenziali parla di oltre 900 specie arboree, un bel condominio dove si spera che nessuno, questa volta, abbia seminato zizzania, come invece avviene di solito. E i Giardini Montanelli, e il parco Sempione, e il parco Forlanini e il parco Lambro? Anche lì la primavera sta lavorando sodo alla milanese, fedele alla tradizione, senza raid di pulizia etnica o editti di convivenza forzata.

Sugli ospiti esogeni di Piazza del Duomo quelle piante hanno il decisivo vantaggio di non essere in vetrina, di non trasformarsi facilmente in palestre per esibizionisti.

A proposito, qualcuno sta già pensando di mettere, accanto a palme e banani, la marijuana. Così, tanto per buttare un po' di fumo negli occhi.

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