«Quando chiedemmo ai politici il permesso di prenderli in giro»

Antonio Lodetti

Gianni Boncompagni e Renzo Arbore sono stati come Laurel & Hardy, inseparabili anche se le loro carriere si sono divise da tempo.

Caro Arbore, come ricorda il suo amico Gianni?

«Sempre sorridente, anche quando l'ho visto qualche giorno fa, quando tutti sapevamo che la fine sarebbe arrivata presto, lui non aveva perso il gusto dell'ironia. Infatti abbiamo ricordato alcune delle marachelle che facevamo da giovani».

Ad esempio?

«Abbiamo parlato del fatto che abbiamo sempre voluto fare programmi satirici e umoristici, per stare allegri e far stare allegro il pubblico. Lui ricordava che l'allora direttore della Rai Giuseppe Antonelli non voleva che facessimo satira. L'unico autorizzato era Alighiero Noschese. Così gli proponemmo una specie di diritto allo sfottò. Andammo dai segretari di tutti i partiti politici chiedendo loro l'autorizzazione scritta a prenderli in giro».

Come avete formato la vostra formidabile accoppiata?

«Ci siamo incontrati in Rai. Eravamo compagni di banco al Concorso per programmatori di musica leggera (tra l'altro un esame serio, scritto e orale) ma lui era già fotografo del Servizio propaganda della Rai. Si può dire che insieme abbiamo inventato il mestiere di disc jockey in Italia».

Un bel colpo!

«Sì, ci dicevamo sempre: Siamo gli ultimi entrati in Rai tramite concorso, a parte qualche strumentista dell'Orchestra Sinfonica della Rai».

Quali erano le sue qualità migliori?

«Era un grande esperto di musica leggera e aveva un entusiasmo incredibile in tutto e la capacità di capire e anticipare le tendenze, e con la voglia di

rompere con il passato e di fare quella rivoluzione che abbiamo cominciato nel 1964 con Bandiera gialla e poi proseguito con Alto gradimento con l'aiuto di due personaggi formidabili come Giorgio Bracardi e Mario Marenco».

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