"Questo direttorio non è democratico"

La sindaca di Quarto espulsa: si inventano le regole e non le comunicano

"Questo direttorio non è democratico"

Roma - Con lei il Movimento fu inflessibile. Espulsa per non aver denunciato i ricatti, derubricandoli a semplici pressioni politiche. Ma poi i pentastellati con le giunte di Livorno e Roma sono stati più indulgenti. Rosa Capuozzo adesso governa Quarto da indipendente, espulsa dal M5S ma mai indagata, e guarda da osservatrice esterna il caos romano. «All'epoca - attacca - non volli giudicare la decisione di abbandonarmi: poco lungimirante, ma almeno era una scelta. Ma da quella scelta non s'è imparato nulla, non si è aperta una riflessione, non c'è stata un'assemblea, non si è fatto niente. Quarto non ha insegnato nulla al Movimento, che ora non ha una linea politica, non ha regole ed è alla deriva».

Tocca al direttorio indicarla?

«Il direttorio continua ad avere poteri che si è arrogato e li esercita nella scelta delle nomine, come si è visto con la giunta Raggi, invece di cogliere le difficoltà della base, e prendere una direzione politica chiara, che il Movimento non ha. Vorrei capire se nelle giunte M5S ci possono essere o no indagati, e prima che alla Raggi penso a Nogarin e al suo assessore. Vorrei capire anche chi decide che un'indagine è più importante di un'altra e va trattata in maniera diversa».

Non era così quando lei era dentro il Movimento?

«No, infatti dopo l'espulsione non ho fatto ricorso. M5S, quando ci sono entrata, non accettava indagati. Ora si fanno deroghe su deroghe. È cambiata la linea politica, però nessuno è stato informato».

Chi ha deciso il cambio di linea, privilegiando l'indulgenza?

«Quando c'ero io non c'era nessuna indulgenza. È stata evidentemente una riflessione successiva, credo che il caso di Livorno, con il sindaco Nogarin e il suo assessore indagati e rimasti al proprio posto, sia stato lo spartiacque in questo senso. Ma il punto è che una riflessione del genere dev'essere condivisa con tutti. Se si cambia la regola, bisogna condividerla».

A Roma che cosa succede?

«Vedo mancanza di trasparenza. Tutti sapevano e nessuno sapeva».

Che cosa prevedono le regole della comunicazione del Movimento? La Raggi avrebbe dovuto informare il direttorio che il suo assessore era indagata?
«Presuppongo di sì, ma il direttorio non nasce con regole precise. Anzi. Il problema del Movimento è che non ha regole, o non si capisce quali siano. Si inventano giorno per giorno, così è difficile per chiunque, sindaco compreso, rispettarle. E gli attivisti che sono entrati in un movimento credendo in un giustizialismo estremo si ritrovano con gli indagati in giunta. Ripeto: bisogna chiarire che le regole sono cambiate, dirlo alla base».

E chi le ha cambiate, le regole?

«Sicuramente non la base. Che dovrebbe chiedere ai vertici chiarezza, scelte condivise e regole del gioco chiare. M5S nasce come movimento di base, però non si sta condividendo più nulla. C'è un direttorio che non è stato votato né eletto, non si sa per quanto tempo i suoi componenti rimarranno in carica o perché ne fanno parte loro e non altri. Se non avesse poteri avrebbe un senso. Ma siccome ha tanto potere, quest'organo dev'essere elettivo. O almeno, in democrazia dovrebbe andare così».
Crede ancora nel Movimento?
«No. Ho verificato in prima persona la non capacità di accettare i ruoli e di governare, e gli errori si ripetono. Non abbiamo una struttura, non abbiamo avuto nemmeno la possibilità di confrontarci tra sindaci per mutuare esperienze.

E credo che ci si debba porre di fronte alla macchina amministrativa e alla responsabilità e all'onere di governare con un minimo di umiltà. Questo manca al M5S. Oltre al fatto che io non ci vedo più un movimento democratico».

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