Quirinale, ulivisti, Delrio: ecco il partito di Gentiloni

Con il caso Visco il premier ha la chance per lasciare il ruolo di "ventriloquo". E piace alla Ue

Quirinale, ulivisti, Delrio: ecco il partito di Gentiloni

Roma Se fino a tre giorni fa era un'ipotesi, ora è una certezza: gli undici mesi a Palazzo Chigi sono serviti al premier Paolo Gentiloni per organizzare il suo partito. La mossa di Matteo Renzi, con la mozione contro il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, ha avuto il merito scoprire le carte, mettendo in luce la distanza politica tra il capo dell'esecutivo e il segretario del Pd.

Gentiloni non parla, ma agisce. Dopo il siluro del giglio magico contro il vertice della Banca d'Italia, il premier, per la prima volta, ha lasciato intravedere la prospettiva di un partito personale, che in questi mesi si è consolidato grazie all'asse con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. E che ora punta a una legittimazione in Europa. Un'area gentiloniana cresciuta dentro e fuori il Pd che si prepara a scardinare il monopolio renziano nel centrosinistra. Al Nazareno, la linea del presidente del Consiglio gode del sostegno della fronda ulivista anti-renziana che va da Andrea Orlando a Dario Franceschini. Il silenzio sul caso Visco del ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio dimostra come il campo dei renziani non sia compatto. Con più coraggio e determinazione, rispetto ai mesi scorsi, il mite Gentiloni sta provando ad abbandonare il ruolo di traghettatore, gettando lo sguardo verso la partita per la leadership del centrosinistra. Più la fronda del capo del governo raccoglie consensi, dopo Veltroni e Prodi anche il ministro dello Sviluppo Economico si è smarcato dall'operazione anti-Visco, più Renzi rischia l'isolamento. In Italia e in Europa. Da Bruxelles, dove ieri si è tenuto il vertice dei capi di Stato e dei capi di governo dell'Ue, il premier ha tolto i panni di semplice portavoce del pensiero renziano, cercando di imporre una ricetta gentiloniana su migranti e Brexit.

Lo strappo con Renzi ha consegnato al presidente del Consiglio maggior forza anche nelle scelte in campo europeo. Il capo dell'esecutivo nei colloqui con Macron e Merkel ha rimarcato il lavoro dell'Italia sul tema dell'accoglienza, «auspicando una revisione degli accordi di Dublino ma non in peggio». Sul caso Visco, il «nuovo» Gentiloni ha glissato sui nomi: «Sulle soluzioni per Bankitalia non parlo neanche sotto tortura», ma poi ha spedito un avvertimento a Renzi: «Chi fa politica non prescinde mai dalle opinioni dei partiti e non credo che ci si immagini un contesto diverso. I rapporti tra il governo e il partito di maggioranza relativa, di cui mi onoro di far parte, sono fondamentali e ottimi, dopodiché noi decidiamo avendo in mente l'interesse del Paese sulla nomina del governatore di Bankitalia».

Renzi ha incassato il colpo, fingendo piena sintonia con il premier: «Mi sembra evidente, la questione mi sembra ormai chiarita e che tutti si possano fare una opinione.

Retwitto quello che ha detto il presidente del Consiglio Gentiloni sui rapporti tra il Pd e governo: sono ottimi». Ma il rottamatore sa bene che la leadership di Gentiloni prende quota anche in Europa dove è stato accolto come una star all'incontro tra i leader socialisti. E se anche il Pse avesse deciso di scaricare Renzi?

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