Cronache

Pell, il "ranger" che amava lusso e potere

Mal sopportato a Roma, era tesoriere e numero tre della gerarchia

Pell, il "ranger" che amava lusso e potere

Quando nel giugno 2017 erano arrivate a Roma le prime avvisaglie di un'inchiesta per pedofilia a carico del cardinale australiano George Pell, il gigante d'oltreoceano si era presentato dal Papa con una lettera di dimissioni. Francesco, guardandolo negli occhi gli aveva risposto che non le avrebbe accettate fin quando non fosse arrivata una sentenza definitiva a suo carico. Per questo motivo, Bergoglio aveva deciso di mandarlo in congedo nel suo Paese per difendersi dalle accuse di abusi su due minorenni avvenuti quando era vescovo ausiliare a Melbourne. «Eminenza, mi faccia sapere, ci vediamo presto», lo aveva congedato Francesco.

Da allora George Pell non ha più messo piede in Vaticano: la sua casa in piazza della Città Leonina, finita al centro delle cronache per i sottolavelli da migliaia di euro e la tappezzeria di lusso, è ormai deserta da tempo, come la casa in Via dei Coronari del suo fedelissimo Danny Casey, economo di fiducia a cui pagava un appartamento da 2.900 euro al mese e uno stipendio da 15.000 euro mensili. Il porporato, che era arrivato a Roma per riformare le finanze vaticane, però ha mantenuto la promessa: ogni tanto si è rifatto vivo, con delle email o con dei fax, come quando, lo scorso settembre, ha mandato una lettera in Vaticano per comunicare la sua ferma intenzione di partecipare al Sinodo sui Giovani in programma nell'ottobre successivo. La risposta, informale, giuntagli dalla sacre stanze, però, non era stata di suo gradimento: «È meglio che resti in Australia».

Nonostante ciò, il «ranger», soprannome affibbiatogli proprio da Francesco, non è mai stato rimosso ufficialmente dal ruolo di Prefetto della Segreteria per l'Economia, il «superministero» delle finanze della Santa Sede. Fino a ieri sera, quando con un tweet, il direttore ad interim della Sala Stampa Vaticana Alessandro Gisotti ha comunicato la sua rimozione.

Francesco dopotutto non è rimasto a guardare: da tempo ha iniziato a prendere qualche provvedimento nei suoi confronti. Nei mesi scorsi, ad esempio, lo ha ringraziato per il lavoro svolto nel C9, il consiglio dei cardinali che aiuta il Papa per la riforma della Curia, e non lo ha confermato nell'incarico. E poi, durante la permanenza in Australia gli ha proibito, in via cautelativa, «l'esercizio pubblico del ministero», vietandogli di fatto di celebrare messa in pubblico e il contatto «in qualsiasi modo e forma con minori di età».

Tra spese pazze e numerosi brindisi a Borgo Pio, l'astro nascente delle finanze d'Oltretevere oggi 77enne, e quindi già da due anni in età pensionabile, aveva creato non pochi malumori nei sacri palazzi: era diventato un «uomo dai troppi poteri», come qualche tonaca lo aveva definito rivolgendosi al Pontefice.

Basta con i Calvi e i Sindona, basta scandali, ammoniva invece nel 2014 Pell, l'uomo che avrebbe voluto fare il rottamatore delle finanze vaticane e alla fine, per altri e ben più gravi motivi, è finito quasi del tutto rottamato.

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