Il fatto che persino uno prudente e misurato come Giancarlo Giorgetti non faccia mistero delle sue preoccupazioni è il termometro di quanto sia alta la tensione dentro la Lega in questi giorni e di come la corsa al referendum autonomista del 22 ottobre rischi di incidere non solo sugli equilibri interni al Carroccio, ma pure su quelli dell'intero centrodestra. La consultazione di Lombardia e Veneto, infatti, riaccende la contrapposizione tra chi nella Lega sostiene la necessità di allargarsi oltre i confini della Padania e quanti invece ritengono prioritario che il Carroccio resti un partito radicato sul territorio, garante solo degli interessi del Nord. Sulla questione, d'altra parte, il braccio di ferro a via Bellerio è in corso sottotraccia già da qualche anno, da quando cioè Matteo Salvini ha detto chiaramente di voler andare «oltre», puntando a trasformare la Lega in un partito nazionale. Di qui la nascita della «costola» di Noi con Salvini e il restyling del brand del Carroccio. Archiviati i simboli d'ordinanza dell'era bossiana, il segretario ha perfino annacquato il celebre verde padania con un blu decisamente più casual e più italico (quello dei cartelli «Salvini premier»).
La partita si giocherà tutta sull'affluenza. Se in Lombardia Roberto Maroni riuscirà infatti a portare alle urne un numero cospicuo di elettori - dal 40% in su - potrà mettere sul piatto un successo che politicamente riporta il Carroccio sulle posizioni delle origini. Non a caso in questi giorni Umberto Bossi sta molto insistendo sul punto, evocando per la Lombardia una scenario catalano. Salvini lo sa bene e sa anche che più sarà netta la vittoria e più sarà difficile per lui continuare a girare l'Italia proponendosi come leader nazionale (e quindi come candidato premier). Potesse scegliere, insomma, il segretario della Lega opterebbe per una vittoria di misura, così da stoppare la fronda interna che oggi è sulle barricate.
In molti, infatti, hanno notato come abbia atteso fino allo scorso mercoledì - era il 27 settembre - per partecipare alla sua prima iniziativa pubblica pro referendum nonostante la Lega Lombarda sia mobilitata sul territorio ormai da settimane. Allo stesso modo, non è passato inosservato il silenzio del sito del Carroccio che fino a giovedì scorso non dedicava una riga al voto del 22 ottobre. Solo da ieri - forse anche grazie alle lamentele dei militanti - il tema ha conquistato un piccolo spazio sulla home page.
Un braccio di ferro in piena regola, insomma. Con Maroni da una parte, Salvini dall'altra e Silvio Berlusconi alla finestra. Se e come si sposterà il baricentro della Lega, infatti, potrebbe incidere anche sugli equilibri interni al centrodestra. Non solo perché i rapporti tra l'ex premier e il segretario del Carroccio non sono mai stati idilliaci, ma anche perché il governatore della Lombardia è la rappresentazione plastica di come sia possibile - come accade al Pirellone - un'alleanza che va dalla Lega ai centristi passando per Forza Italia.
Allo stesso modo la pensa Bossi e non è un caso che Berlusconi gli abbia offerto ospitalità nelle liste azzurre dopo lo strappo con Salvini.È per tutte queste ragioni, forse, che Giorgetti teme il peggio. «Se continua così - si è lasciato andare in privato con due esponenti di Forza Italia - finisce che in primavera alle elezioni andiamo a sbattere...».
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