Regeni, verità entro martedì E l'Egitto incolpa i tombaroli

Il 5 aprile vertice a Roma tra inquirenti italiani ed egiziani Ma dal Cairo nuove bufale: «Colpa dei trafficanti di reperti»

M atteo Renzi fa la voce grossa. «Ci fermeremo solo davanti alla verità. Quella vera, non una verità di comodo, lo dobbiamo alla famiglia Regeni». Ma al Cairo, almeno finora, non si sono spaventati. L'unica reazione, al momento, sta nell'annuncio del procuratore generale: «Formeremo una squadra d'inchiesta per unificare tutte le indagini e arrivare alla punizione dei responsabili». Una prima apertura? O è soltanto melina?Si vedrà nei prossimi giorni: martedì è previsto un vertice tra gli inquirenti italiani e egiziani. L'Egitto è un grande alleato e un ottimo partner commerciale, però Roma non più accontentarsi delle veline ufficiali, soprattutto dopo la drammatica conferenza stampa della mamma di Giulio. Renzi ne è consapevole e, da Chicago dov'è in viaggio, spiega la linea del governo. «Il dolore dei Regeni - dice - è il dolore di tutta l'Italia. Noi siamo con il cuore, la mente e le azioni concrete a sostegno della famiglia». Tra le opzioni possibili, il richiamo dell'ambasciatore e l'inserimento dell'Egitto nella lista della Farnesina dei Paesi non sicuri: sarebbe una mazzata al turismo nel mar Rosso, già in grosse difficoltà. Se il 5 aprile non ci sarà un «cambio di marcia e non arriveranno risposte convincenti», dice Paolo Gentiloni, «compiremo passi conseguenti».Ma non è il momento per ipotizzare misure del genere, il premier crede ancora di riuscire con le buone a rompere il muro di gomma del Cairo. «La vicenda, molto complicata, è seguita dal procuratore Pignatone, uno dei più importanti e autorevoli magistrati in Italia, insieme agli inquirenti delle forze dell'ordine. Speriamo si possa finalmente trovare il colpevole o il colpevoli. Non restituiremo Giulio alla famiglia, ma onore all'Italia, all'Egitto e a chi sta soffrendo. C'è il massimo impegno e sforzo affinché i magistrati italiani possano avere accesso a tutte le carte. Siamo impegnati perché ciò accada senza alcun tentennamento». E oggi al question time alla Camera Gentiloni risponderà pure su questo punto. Dunque il 5 aprile, quando gli investigatori egiziani che indagano sull'uccisione di Regeni arriveranno in Italia e incontreranno i colleghi italiani, si capirà quanto Il Cairo è deciso ad andare fino in fondo. Porteranno tabulati, numeri telefonici, video, cioè tutto il materiale probatorio che Pignatone aspetta da settimane? O continueranno a fare fumo?Intanto ecco la «squadra d'inchiesta», il pool di cervelli egiziani, il coordinamento tra le procure «per proseguire le indagini sull'omicidio al fine di giungere alla verità». Finora tante piste, patacche, false informazioni, tanti depistaggi e troppi uffici giudiziari che lavorano ognuno per conto suo. Ma adesso, promette il procuratore generale, le cose cambieranno. L'unificazione è necessaria, si legge nel comunicato, «vista la diversità dello spazio geografico dove sono state rinvenute le prove».E le parole del ministro degli Esteri Sameh Shoukry, che ha definito l'omicidio di Regeni, «un caso isolato», può essere «un preludio al riconoscimento di responsabilità da parte delle autorità egiziane». Lo sostiene il sito di notizie Cairo Portal.com citando «fonti informate» secondo le quali la frase «viene utilizzata spesso per ammettere eccessi commessi da parti legate al dicastero degli Interni». Stando alle stesse fonti, «il governo egiziano si è trovato in grande difficoltà, soprattutto dopo che Roma ha rifiutato l'ultima versione riguardo il coinvolgimento di una banda di criminali dedita al rapimento degli stranieri». In questo momento al Cairo sarebbe in corso un braccio di ferro tra chi spinge per la trasparenza per salvare i rapporti con l'Italia e chi insiste per tenere duro, scommettendo sul fattore tempo e sui grandi interessi economici.

Ma le bufale non sono ancora finite. Secondo l'ultima, sotto forma di lettera anonima arrivata alla nostra ambasciata al Cairo, il giovane ricercatore sarebbe finito in mezzo a un giro di trafficanti di reperti archeologici. Ma forse non sarà l'ultima.

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