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​Regionali, è fuga dai 5 stelle: in Calabria lascia anche Callipo

Callipo rinuncia alla candidatura. Il M5s a un passo dal ritiro. E il Pd ora è costretto a varare un piano B

​Regionali, è fuga dai 5 stelle: in Calabria lascia anche Callipo

Ormai è un fuggi fuggi. La barca affonda e nessuno se la sente di affogare con i 5 stelle. L'ultimo addio in ordine di tempo è quello dell'imprenditore del tonno Pippo Callipo, che ha ritirato la sua disponibilità a candidarsi alla presidenza della Calabria sotto il simbolo del Movimento. Prima di lui si erano ritirati anche il medico ambientalista Ferdinando Laghi e il testimone di giustizia (già candidato al Parlamento) Pino Masciari.

L'ultimo forfait è destinato a fare ancora più male, perché il M5s non ha alcun candidato spendibile su cui contare e adesso potrebbe anche optare per il disimpegno, ovvero non presentare alcuna lista alle prossime elezioni calabresi, in programma per il 26 gennaio.
Callipo, ex presidente regionale di Confindustria e titolare dell'omonima azienda specializzata nella produzione del tonno, era il nome su cui i pentastellati avevano puntato fin dall'inizio per tentare di dare la scalata alla Cittadella (sede della Regione).

Nelle scorse settimane l'imprenditore aveva provato a sferzare i grillini, indecisi su quale strategia adottare in occasione del voto e ondivaghi sulla possibilità di replicare l'alleanza giallorossa anche in Calabria. Lo stesso Pd, che vorrebbe siglare un nuovo patto sul modello umbro, era arrivato a designare come proprio candidato lo stesso Callipo, allo scopo di vincere le resistenze del Movimento.

L'imprenditore vibonese aveva però respinto le avance del partito di Zingaretti e chiesto implicitamente ai 5 stelle di farsi avanti. “Non voglio più essere usato dalla politica o da quelle tante forze della società civile che ogni cinque anni, quando si vota per le Regionali, mi chiedono il sacrificio di mettermi al servizio della causa e poi, quando si tratta di comporre le liste, si tirano indietro, così come è successo nel 2010 quando tante persone su cui contavo hanno detto di no”, spiegava Callipo. Che aveva poi ricordato di non essere “mai stato garante di nessun accordo tra nessuna forza politica. Ciononostante sono ancora aperto al confronto con la Calabria sana, non di certo con la partitocrazia che ha rovinato questa regione”.

L'appello del 're del tonno' è tuttavia passato sotto silenzio, fino alla sua decisione di ritirarsi definitivamente dalla partita.

Per il Movimento adesso sono davvero dolori. In assenza di candidati credibili e con un certo seguito elettorale, Di Maio e soci potrebbero anche decidere di gettare la spugna e di rendere concreta la teoria dello “stare fermi un giro”, propugnata da molti big pentastellati, tra cui il presidente della commissione Antimafia, il calabrese Nicola Morra.

È questo infatti l'orientamento che sta prendendo piede negli ultimi giorni in relazione ai prossimi appuntamenti elettorali in Emilia Romagna e Calabria: evitare di farsi ancora più male, scongiurare una nuova sconfitta per Di Maio e tutelare il traballante governo Conte.

Gli ultimi dati elettorali in Calabria danno forza a questa possibile scelta. In occasione del voto amministrativo a Lamezia Terme, quarta città più grande della regione, il M5s non è riuscito a superare il 5%. “Con questa percentuale – spiega un parlamentare del Movimento – non entreremmo nemmeno in consiglio regionale”. È proprio così, dal momento che la soglia minima è fissata all'8%.

Il possibile ritiro inguaia anche il Pd, che si è giocato tutto sull'alleanza con i 5 stelle. Dalla segreteria Zingaretti precisano tuttavia di avere già pronto un piano B: un “candidato civico” che possa intercettare anche i voti degli elettori grillini rimasti senza rappresentanza.

Ma a ostacolare ulteriormente i piani potrebbe essere il governatore uscente, Mario Oliverio, che – in disaccordo con il Nazareno – è pronto a ricandidarsi a capo di un centrosinistra alternativo e orfano del Pd.

Un sondaggio commissionato dalla segreteria dem certifica che il gradimento del presidente in carica si attesta attorno a un misero 14%. Una percentuale molto bassa, ma la corsa solitaria di Oliverio potrebbe comunque contribuire ad affossare le ultime speranze del Pd.

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