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Ecco la maxi inchiesta che inchioda le Ong sui migranti in Italia

La relazione conclusiva della procura di Trapani ha fatto luce sul costante modus operandi degli attivisti umanitari nel Mediterraneo. Tra segnalazioni agli scafisti e appuntamenti in mare, ecco come agevolano l'invasione

Trucchi e collusioni con i trafficanti. Ecco la maxi inchiesta che inchioda le Ong sui migranti in Italia

Contatti e accordi con i trafficanti di uomini, appuntamenti in mare mascherati da soccorsi, segnalazione agli scafisti sulle posizioni delle navi, gommoni trainati dalle acque libiche, riconsegna di barchini, motori fuoribordo o di giubbotti di salvataggio per fare arrivare nuovi migranti.

La poderosa inchiesta della procura di Trapani, durata 4 anni, ha scoperto un «costante modus operandi» dei talebani dell'accoglienza tedeschi di Jugend Rettet e di grandi Ong come Medici senza frontiere e Save the children per portare i migranti in Italia. Gli inquirenti, nelle 653 pagine dell'informativa finale sull'inchiesta, scrivono che «le numerose condotte di cui con la presente indagine si intende dimostrare l'illegalità, sono state messe in atto» dai 24 indagati per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e altro «con un costante modus operandi caratterizzato da connotati ricorrenti e quasi sempre coincidenti».

Un sistema descritto nei dettagli, che in parte, ma in maniera meno plateale esiste ancora oggi con le Ong rimaste in mare. Il modus operandi è diviso in varie fasi. «Talvolta la nave (degli umanitari, nda) era a conoscenza dell'avvenuta partenza di unità nautiche (gommoni o barchini, nda) con migranti a bordo - si legge nelle carte - o talvolta intratteneva contatti di vario tipo (con i trafficanti, nda) anche al mero fine di indicare la propria presenza in zone di mare prossime al limite delle acque territoriali libiche».

Veri e propri appuntamenti come nel caso di Vos Hestia, la nave noleggiata da Save the children, che nel luglio 2017 si piazzava «in acque internazionali antistanti le coste libiche, accogliendo a bordo numerosi migranti alla costante presenza di trafficanti che li avevano scortati mediante varie imbarcazioni e che sorvegliavano le operazioni finalizzate al trasbordo». Non solo: i «trafficanti al termine delle operazioni rientravano verso la Libia con le unità precedentemente impiegate per trasportare i migranti, rendendo così possibile il reimpiego dei mezzi per successivi trasporti. In tal modo procedendo ad una vera e propria consegna concordata di migranti». E nel 2017, quando sono sbarcati 119.310 migranti in Italia, «talvolta gli equipaggi delle navi in uso alle Ong trainavano le unità con i migranti a bordo dalle acque territoriali libiche fino alle acque internazionali». Il 23 maggio 2017 il comandante Marco Amato e Cristina Gillian Moyes team leader di Save The Children «disponevano l'ingresso di due battelli di servizio (gommoni veloci, nda) della nave stessa all'interno delle acque territoriali libiche al fine di trainare verso l'alto mare un gommone con a bordo dei migranti () imbarcando 120 migranti sulla Vos Hestia». Il 26 giugno dello stesso anno sempre Vos Hestia accoglieva «a bordo circa 1.066 migranti alla costante presenza di più imbarcazioni di piccole dimensioni con varie persone a bordo che gestivano e controllavano l'andamento delle operazioni anche restituendo ai soccorritori i giubbotti di salvataggio dapprima forniti ai migranti».

L'inchiesta ha scoperto «contatti e comunicazioni intraprese dagli indagati con i trafficanti di esseri umani, che manifestano connotati atti a delineare un complessivo accordo preordinato tra trafficanti e Ong. Di fatto, secondo le emergenze investigative, si costituivano i presupposti per un pressoché regolare svolgimento del traghettamento dei migranti dalle coste libiche di provenienza verso le navi Ong pronte ad attenderli». Il 18 giugno 2017 gli umanitari tedeschi di Jugend Rettet «si incontravano in acque internazionali con trafficanti libici a bordo delle rispettive imbarcazioni, quindi facevano momentaneo ritorno presso la motonave Juventa (mentre i trafficanti si dirigevano verso le acque libiche), e, da ultimo, si incontravano nuovamente con i trafficanti, che questa volta scortavano un'imbarcazione con a bordo dei migranti che venivano poi trasbordati sulla motonave». E come se non bastasse «al termine delle operazioni i trafficanti prelevavano dall'imbarcazione utilizzata dai migranti il motore e facevano ritorno in acque libiche. In tal modo procedendo ad una vera e propria consegna concordata di complessivi 264 migranti». Secondo gli inquirenti esisteva «un tacito accordo» con i trafficanti, che coinvolgeva anche nave Vos Hestia e Vos Prudence di Msf. «Nell' indagine sono emersi chiari elementi circa il fatto che i trafficanti di esseri umani presenti in Libia e implicati nella relativa tratta verso l'Italia avevano l'abitudine (nota alle Ong presenti a bordo delle navi) di mantenere sotto controllo i siti web specializzati e gli strumenti Ais (sistema automatico di identificazione satellitare, nda) atti a rilevare la presenza in mare delle navi».

Così i trafficanti, come fanno ancora oggi, lanciavano i gommoni verso le imbarcazioni con la certezza che i migranti sarebbero stati recuperati e portati in Italia.

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