Renzi a caccia di voti a sinistra. E ora la Camusso dice un "ni"

In giro alle feste dell'Unità parla di "concertazione", parola archiviata da anni. E la linea della Cgil diventa più morbida

Renzi a caccia di voti a sinistra. E ora la Camusso dice un "ni"

Roma - Politicamente scorretto come Beppe Grillo di Nettuno. Nostalgico di una disciplina di partito che nel Pd non c'è più e che, forse, resta solo nel M5S. Matteo Renzi ieri ha parlato alla festa del Pd di Reggio Emilia. I messaggi forti sono stati sul referendum. Intanto per richiamare all'ordine i suoi. Le feste del partito utilizzate per la campagna referendaria? «Per che cosa dobbiamo essere? Per il No? Ma un partito non può essere per il boh, o il ma o il non lo so, deve indicare un direzione e dire che per l'Italia c'è bisogno di cambiare le regole per renderla più forte più bella: questo - ha concluso - non vuol dire non rispettare quelli che non la pensano come noi».

Risposta a chi nel partito è apertamente per il «No», ma anche per chi resta alla finestra. A questa ultima categoria appartiene Gianni Cuperlo, che ieri ha chiesto al segretario di aprire al dialogo «altrimenti sarà rottura». Minaccia che non scuote Renzi, che invece è andato all'attacco del lìder Maximo, uscito recentemente allo scoperto per il «No». «D'Alema e Berlusconi si vogliono bene, io li rispetto: quando c'è l'amore c'è tutto. Loro vogliono rifare la bicamerale».

Il dialogo di Renzi, insomma, si limita al faccia a faccia che avrà alla festa di Modena giovedì prossimo con Carlo Smuraglia, presidente dell'Anpi, sostenitore del «No».

Di fronte a questa offensiva, difficile resistere alle sirene renziane anche per un baluardo della sinistra vecchio stile come la Cgil. Il premier nelle ultime settimane si è irrigidito sul voto per la conferma della riforma costituzionale firmata dalla ministra Maria Elena Boschi, dall'altro si è spostato su posizioni della sinistra classica. Attenzione agli statali, ai redditi bassi. Ha parlato più volte di «concertazione», archiviata da almeno dieci anni.

Il clima ha influenzato anche la Cgil. Ieri l'organizzazione più potente del Paese (nonostante la crisi le strutture della Confederazione di Corso d'Italia reggono, così come gli iscritti) ha deciso la linea da tenere sul referendum di ottobre. L'indicazione è per il «No».

L'assemblea generale ha approvato la linea contraria con sole tre astensione, precisando però che resta «ferma la libertà di posizioni individuali diverse di iscritti e dirigenti, trattandosi di questioni costituzionali». Precisazione che non fa parte del Dna cgiellino dell'ultimo ventennio. Cosi come la necessità, sottolineata nel documento, di «preservare la propria autonomia». Per farlo il sindacato della sinistra non aderirà ai comitati per il «No». È una apertura di credito verso il premier che ha promesso di riaprire la sala di Palazzo Chigi destinata agli incontri con le organizzazioni dei lavoratori e delle aziende.

Di fronte al rischio di una vittoria del «No», Renzi ha deciso di puntare sull'elettorato tradizionale della sinistra. Gli statali, con un rinnovo del contratto e, forse, un alleggerimento delle misure pro meritocrazia. Sulla scuola l'attenzione del premier è massima e non da oggi.

Con qualche sbavatura nella narrazione governativa.

Il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini due giorni fa a Salerno è stata contestata dagli studenti che non apprezzano la riforma della «buona scuola» varata dal governo. Ieri Renzi è andato al centro internazionale Loris Malaguzzi di Reggio Emilia. Centro d'eccellenza per la ricerca, al riparo da tensioni. Dalla legge sulla buona scuola alla scuola buona.

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