RomaIl grande baratto. La Commissione europea apre alla flessibilità sui conti in cambio di ulteriori sforzi nell'accoglienza di profughi e migranti. Uno scambio tra accoglienza e flessibilità che suona come una sorta di salvacondotto finanziario-umanitario, offerto pubblicamente agli Stati interessati da Jean Claude Juncker di fronte alla plenaria dell'Europarlamento.
«Se ci sono alte spese per affrontare l'emergenza» spiega il presidente della Commissione Ue, «saremo flessibili. Se un Paese fa uno sforzo straordinario, avrà una interpretazione del Patto di Stabilità conforme a questo sforzo straordinario. Purché questi sforzi siano dimostrati. Le regole contengono un margine di flessibilità. Ma fra i grandi Paesi ce ne sono anche che non fanno abbastanza: solo chi dimostrerà di compiere sforzi avrà diritto alla flessibilità».
Le parole del numero uno dell'esecutivo europeo regalano un brivido a chi è in ascolto a Palazzo Chigi e al ministero dell'Economia. Il motivo? Semplice, se venisse accettata la clausola migranti - cioè una flessibilità maggiore nel rapporto deficit/Pil - il nostro Paese potrebbe ottenere lo sconto dello 0,2% del Pil e potrebbe contare su circa 3 miliardi in più per la manovra. Il messaggio non è indirizzato solo all'Italia, ma ovviamente il nostro Paese è tra quelli maggiormente interessati. E nei palazzi di Bruxelles si fa notare che, ad esempio, l'Italia potrebbe aprire nuovi centri di accoglienza.
Il cambio di rotta dettato dal presidente della Commissione europea non passa inosservato. La Lega con Massimiliano Fedriga ritiene senza mezzi termini che «concedere maggiore flessibilità ai paesi che accoglieranno più immigrati» rappresenti «un vero e proprio ricatto frutto di imposizioni ideologiche». Matteo Salvini, a sua volta, mette l'accento sul grande flop della redistribuzione di profughi e migranti dall'Italia e dalla Grecia verso gli altri Paesi Ue. «Juncker oggi ci ha svelato che dopo mesi di impegni ci sono ben 9 paesi che si sono detti disposti ad accogliere 700 immigrati. In Italia ne sono sbarcati 300mila negli ultimi due anni. Quindi, facciamo da soli, difendiamo i confini ed espelliamo i clandestini».
I numeri presentati da Juncker sono effettivamente quelli: «È stata offerta una disponibilità di 700 posti, ma noi ne dobbiamo ricollocare 160mila», è il grido d'allarme lanciato dal numero uno della Commissione. Numeri peraltro un po' ballerini visto che la portavoce della Commissione europea, Natasha Bertaud, pochi giorni fa aveva detto: «Per ora, nove paesi hanno detto che possono accogliere 854 persone». In ogni caso il piano di redistribuzione salutato da Matteo Renzi e Angelino Alfano con toni trionfalistici si sta rivelando un clamoroso fallimento. E ora l'Italia - che già sta sopportando un peso enorme - viene anche invitata a «rilanciare».
Situazione paradossale visto che le partenze di migranti avvenute finora dall'Italia verso altri Paesi Ue sono state soltanto 150 (secondo altre fonti il dato scenderebbe a 87). Con questo ritmo per redistribuire i 40mila profughi pattuiti ci vorranno non 2, ma 20 anni.
Se prendiamo per buono il dato delle 150 persone sulle 300mila sbarcate in due anni, «questo vorrebbe dire che ne è stato ricollocato lo 0,05%» calcola l'assessore lombardo a Sicurezza e Immigrazione, Simona Bordonali. Un record negativo che dimostra quanto sia profonda la distanza tra i fatti e le promesse europee.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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