C'è chi piange, singhiozzi e lacrimoni, perché è stata rottamata. E c'è chi manda sorrisoni dall'Australia perché è stato inserito nell'elenco dei cento «pensatori globali» del 2014. Chi si dispera, come Livia Turco, che da quando è stata fatta fuori non s'è più ripresa: «La sinistra non è un ferro vecchio». Chi invece se la gode, come Matteo Renzi, che la rivista Foreing Policy definisce «la speranza migliore per sollevare l'Italia».
Ecco le due facce del Pd, le due facce della luna dove l'ex ministro della Salute del governo Prodi interpreta quella oscurata. E nostalgica. «Sono fuori dai giochi e dalle beghe del partito», spiega intervenendo a L'aria che tira su La 7 , ma subito si squaglia quando pensa al rimescolamento di carte che c'è stato al Nazareno. Il partito inclusivo? Si vabbé, dice lei, però allora deve includere pure chi ha fatto la storia. E giù lacrime. «Soffro nel vedere tanti che non si iscrivono nel Pd. Quei tanti sono quelli che vengono dalla storia di sinistra».
In effetti, c'è da capirla. Ministro e deputato, all'epoca di Piero Fassino, piemontese come lei, la Turco era nelle prime file. In auge anche sotto Bersani e Epifani, ora è finita nel sottoscala. Torna in tv dopo un po' di tempo e non appare a suo agio. Si aggiusta il golfino grigio, si tormenta il filo di perle, si commuove. Di Matteo non parla, non vorrebbe forse nemmeno nominarlo. «Al segretario chiedo uno sforzo di considerazione per tutte quelle persone che hanno fatto tanto per la sinistra. Non possono ora essere trattati come dei reazionari».
Ma anche Renzi va compreso, il suo buon umore ha forti motivi di essere. Innanzitutto il viaggio in Australia, che è andato molto meglio del previsto. Le riunioni del G20 a Brisbane, le pacche sulle spalle ricevute da Barack Obama, che ha addirittura appoggiato la sua richiesta di temperare il rigorismo teutonico europeo. Il faccia a faccia con un Putin attaccato dagli altri Grandi: chissà, magari in futuro ci sarà spazio per la diplomazia italiana. Persino Juncker, indebolito dallo scandalo fiscale, si è dimostrato più malleabile. «Caro Matteo», «Caro Jean-Claude»: a un certo punto sembravano due amiconi. Poi, l'incontro con un gruppo di imprese italiane - Impregilo, Ghella, Salini, Prismyan - in prima linea nella costruzione di infrastrutture in Australia e che gli hanno fatto dire che «siamo un grande Paese». E per finire, le discrete notizie italiane, che danno un Pd ormai addomesticato, a parte Civati, qualche giapponese e la Turco che piange.
E adesso, come se non bastasse, l'ego renziano trova un altro motivo per gonfiarsi ancora. Succede che Fp lo inserisca nella prestigiosa lista dei pensatori dell'anno. Un club esclusivo nel quale il premier compare sotto la categoria dei decision-makers insieme, tra gli altri, alla cancelliera tedesca Angela Merkel e al primo ministro indiano Narendra Modi.
Il merito di Renzi? «Aver scalzato la politica del bunga-bunga», si legge nella menzione a lui dedicata. Foreing Policy ricorda ovviamente anche la sua età, «il più giovane primo ministro che abbia avuto l'Italia, pochi mesi meno del Duce», il proposito di voler rottamare «il vecchio ordine italiano» e le diverse resistenze incontrate dentro e fuori dal Parlamento. «Se reggerà nel suo incarico», scrive la rivista, Renzi potrebbe rivelarsi la «speranza migliore per sollevare l'Italia dalla peggiore recessione economica dagli anni 30».
Ma non sarà facile: «La politica italiana è notoriamente insidiosa. L'effervescente fiorentino sta scoprendo che gli interessi corporativi, come i sindacati e i funzionari dello Stato, non sono così sensibili al suo charme ». Intanto se la ride.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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