Renzi inaugura la Variante ma non paga le imprese

Il premier taglia il nastro dopo 33 anni: «Via libera giunto tardi. Poi merito agli operai» Ma l'Ance denuncia: «Lo Stato impiega ancora più di cinque mesi per saldare le aziende»

Renzi inaugura la Variante ma non paga le imprese

Ci sono voluti 33 anni, ma alla fine il premier Matteo Renzi inaugura la Variante di Valico, che Autostrade per l'Italia ha aperto ieri al traffico. Un'opera per potenziare 59 km di rete (32 in variante), costata 4,1 miliardi di investimento dai 2,5 previsti nel 1997. Per i lavori sono stati necessari 9 anni, ma ne sono serviti 24 per passare dalla prima idea progettuale all'ultima autorizzazione del 2006.E mentre si festeggia questo indubbio successo, l'affermazione di un primato tecnologico italiano, non si può non sottolineare come anche in questo caso sia stata clamorosa la lentezza della macchina burocratica. Lo ha rilevato anche il capo del governo, pur volgendola in positivo: «Nessuno al mondo ci mette 24 anni a dare il via libera. Ma quando c'è il via libera, i nostri lavoratori sono in grado di fare cose che altrove non sanno fare».Il dito nella piaga lo aveva già messo il presidente dell'Ance, Claudio De Albertis, commentando la legge di Stabilità appena approvata dal Parlamento. «Un voto estremamente positivo», quello dei costruttori italiani, ma molto dipenderà dalla «effettività» delle norme, perché il problema è sempre passare dalla teoria alla pratica. Il numero uno dell'associazione presentava i dati dell'Osservatorio congiunturale dell'Ance, con la previsione di una svolta nell'edilizia per il prossimo anno: un più 1 per cento degli investimenti sulle costruzioni.

Stima «prudenziale» perché, ha aggiunto De Albertis, «sappiamo benissimo che nel mondo dei lavori pubblici, dallo stanziamento alla cantierizzazione passa purtroppo troppo tempo, e perché anche la volontà di intraprendere dei nostri colleghi si misura nel tempo e soprattutto con gli enti che autorizzano i Comuni che hanno procedure fin troppo lunghe».Lunghissimi, poi, continuano a essere i tempi di pagamento alle imprese, anche se da un paio d'anni c'è un lento miglioramento: il 78 per cento di quelle che lavorano per il settore pubblico ha registrato nel secondo semestre 2015, ritardi nei pagamenti della Pubblica amministrazione. «I tempi medi di pagamento - accusa il rapporto - continuano a superare i limiti fissati dalla direttiva europea, che rimane in larga misura disattesa». In media, le imprese continuano ad essere pagate dopo 166 giorni (5 mesi e mezzo dopo l'emissione degli stati di avanzamento lavori), contro i 60 giorni previsti dalla normativa comunitaria.Per l'Ance ciò rappresenta un «fattore di rischio» nella strategia di rilancio delle politiche infrastrutturali avviata dal governo. Infatti, i ritardi nei pagamenti dei lavori pubblici continuano ad incidere negativamente sul funzionamento dell'economia e determinano effetti negativi su occupazione e investimenti nell'edilizia. Un allarme lanciato anche da Bankitalia e dalla stessa Commissione europea.L'indagine realizzata tra le imprese associate ha accertato che il 54 per cento di quelle che hanno subito ritardi hanno allungato i tempi di pagamento ai propri fornitori, il 43 per cento ha ridotto i propri investimenti e un quarto ha ridotto il numero dei dipendenti.

Inoltre, le aziende sopportano costi elevati per l'utilizzo degli strumenti finanziari necessari a far fronte alla mancanza di liquidità, e di conseguenza diminuiscono i loro margini e aumenta la loro situazione di debolezza finanziaria. Il problema, insomma, rimane «irrisolto».

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