Renzi regala un seggio agli ex «rottamandi» Briciole per Verdini

Ripescato Fassino. Per la stampella del governo tre posti, come per la Bonino

Roberto Scafuri

Roma Rottamandi, questuanti, vecchie querce e vecchie sòle, fuochisti, macchinisti. Come in una sarabanda dei film di Totò, si apre la Direzione del Pd sulle candidature in una sala stracolma. Lo stesso leader ci scherza su. «La presenza così ampia dimostra che quando si parla di clima e ambiente, temi su cui sto per fare la mia relazione, la partecipazione è massiccia... (risatine furbette, qualche applauso). Poi incidentalmente alla fine parleremo anche di candidature».

Renzi conosce bene i suoi polli. È il momento clou della vita del partito. Trattando delle sorti economiche e personali di ciascuno, se vogliamo, persino superiore a un congresso. Il segretario parla un po' da grillino, sul «disegno organico contro di noi», un po' da capo logorato: «Mancano 46 giorni alla campagna elettorale, dal 47.mo non mancherà ampia discussione dentro il partito. Sono in tanti a volerla, io però la vorrei fare dopo. Il messaggio è: adesso basta con le polemiche, andiamo a testa alta a fare campagna elettorale, casa per casa». Più che una campagna elettorale, sembrerebbe un rastrellamento. Il segretario non ha fretta di arrivare al dunque che tutti attendono: la questione delle «deroghe» allo Statuto, che consentiranno a una pletora di «ultra» del Parlamento (ben oltre i due mandati e tanti over i 15 anni tra seggiole e poltrone) di riproporsi, magari persino dotati di paracadute. Il «Matteo-salva-tutti» è già sicuro per chi siede al governo (da Gentiloni a Minniti, dalla Pinotti a Franceschini, che giusto ieri ha perduto la mamma).

Di ex segretari da salvare ne è rimasto solo uno, Piero Fassino: dopo avergli fatto fare di tutto, gli manca solo di spolverare la sede. Per cui, piuttosto che vederlo ai giardinetti, la deroga ci sarà. E Renzi non dimenticherà certo amici e pasdaràn, tipo Roberto Giachetti.

In questo bailamme interno, che parla pure dei timori a candidarsi nell'uninominale e dei tentativi di Renzi di far tornare il fedele Pittella (Gianni) dall'Europarlamento, per schierarlo in Basilicata contro Speranza e Bubbico (Leu), il «peso» del Pd rispetto ai presunti alleati resta fortemente sbilanciato. Non sapendo se riuscirà a portare i suoi, figuriamoci promettere seggi sicuri ad altri. Alla Bonino, che chiede dieci posti, ce ne sarebbero solo tre (Della Vedova, Magi e lei). La Lorenzin ne vorrebbe sei, lasciando a casa giusto i cicchittiani, e ne dovrebbe ricevere la metà. E «regola del 3» dovrebbe valere anche per Insieme, con poltrone paracadutate per Nencini, Bonelli e Santagata. In maniera clamorosa, Luca Lotti sta cercando di racimolare qualche posticino pure per Ala di Verdini, anche se al momento i suoi candidati sembrano rassegnati alla corsa in solitaria (lo stesso Denis non sa se parteciparvi). Sul capo della pattuglia acrobatica che ha garantito in Senato più volte la tenuta della maggioranza pende però il ricorso avanzato da Francesco Nucara al Tribunale di Roma. Nucara, ex segretario del Pri, ritiene abusivi i successori e irregolare il congresso dell'8 dicembre scorso.

Celebrato in tempo per stabilire un'intesa con Verdini il 12 e far aggiungere sigla e logo al gruppo parlamentare evitando la raccolta di firma. Troppo furbi per essere veri repubblicani. Che, sostiene Nucara, stanno da tempo con Fi e da lì non vogliono trasmigrare.

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