Renzi riesuma lo spread per insultare Berlusconi "Con lui mai al governo"

Il leader Pd: niente larghe intese. Ma attacca soprattutto i bersaniani: aiutano la destra

Renzi riesuma lo spread per insultare Berlusconi "Con lui mai al governo"

Roma - Niente larghe intese con Silvio Berlusconi, ovvero «mister Spread», dopo il voto. Intervistato da Repubblica, Matteo Renzi manda un messaggio mirato a rassicurare la base più tradizionalmente di sinistra dell'elettorato Pd, quella cresciuta a pane e antiberlusconismo e che potrebbe essere insidiata dalla formazione neo-Pci di D'Alema e Bersani.

E Repubblica, che di quella scuola di pensiero è da lustri portabandiera, ci va comprensibilmente a nozze: «Mai con Berlusconi, escludo intese con mister Spread», strilla il titolo in prima pagina. Anche se nell'intervista il ragionamento è più articolato: Berlusconi, dice Renzi, è di nuovo in campo perché «il referendum lo ha fatto risorgere», grazie alla vittoria del no. Ed è «bravissimo a camuffarsi: in questa campagna elettorale sembra un passante. Ma ce lo ricordiamo che è il principale responsabile di questi lustri? Che lui è Mister Spread?», aggiunge con un riferimento agli eventi che portarono nel 2011 alla crisi del governo guidato dal Cavaliere sotto i colpi appunto dello spread e della sua drammatizzazione mediatica.

Dopo la strizzatina d'occhi a uno dei cavalli di battaglia di Repubblica, Renzi spiega: «Io non contesto a Berlusconi quello che ha fatto, ma quello che non ha fatto», come le «promesse del 1994 che non ha mai mantenuto». Le uniche realizzate «dall'Imu all'Irap, le abbiamo realizzate noi».

In verità, il leader Pd riserva giudizi forse più duri a quelli che vogliono collocarsi alla sua sinistra, e ironizza sul debutto in politica del presidente del Senato Grasso (seguito a ruota dalla Boldrini), paragonandoli a «precedenti non eccellenti, se ben ricordo» di presidenti delle Camere che fondarono nuovi partiti, a cominciare da Gianfranco Fini. Una scelta «sorprendente dal punto di vista istituzionale». Certo, lo strappo di Grasso «dispiace», ma ha anche «il pregio di fare chiarezza»: a sinistra del Pd «ha vinto la linea di chi voleva la rottura: la linea di D'Alema. Del resto - aggiunge - D'Alema ha combattuto Occhetto, Prodi, Veltroni, Fassino. Che adesso combatta me è quasi rassicurante, si vede che non cambia mai. Forse però alla fine meglio così: gli elettori potranno scegliere in piena libertà». Poi la stoccata che manda su tutte le furie gli esponenti del partito dalemiano: «Nei collegi uninominali, ogni voto dato a Grasso e D'Alema è un voto regalato a Berlusconi e Salvini». Un'affermazione difficile da contestare sul piano dei meccanismi elettorali, ma che sul piano politico irrita non poco gli scissionisti, che gridano alle «fake news». Si dispiace anche Gianni Cuperlo, che nel Pd è rimasto ma non vuole sentire «le offese dirette e personali a D'Alema», e si oppone ad una «campagna fratricida a sinistra», se condotta da Renzi.

Il quale, intanto, ringrazia Matteo Salvini per l'assist che gli ha fatto dichiarandosi pronto a candidarsi «ovunque si candidi Renzi».

Il segretario Pd gli replica via Twitter: «Considero questa scelta utile per chiarire come il nostro centrosinistra e il loro centrodestra hanno due visioni diverse dell'Italia. E dell'Europa. Ai cittadini il compito di scegliere».

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