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Il ricatto di Haftar: non firma e blocca tutti i pozzi di petrolio

Il generale rifiuta la redistribuzione degli introiti decisa a Berlino. Serraj: "Il Paese va verso la catastrofe"

Il ricatto di Haftar: non firma e blocca tutti i pozzi di petrolio

Beirut - La Libia «affronterà una catastrofe se Haftar continuerà a bloccare il petrolio», avverte il premier Fayez al Serraj. Il leader del governo di Tripoli parla subito dopo la Conferenza di Berlino e rifiuta le «condizioni poste da Haftar sulla redistribuzione degli introiti». Ed esorta le potenze straniere a esercitare pressioni sul comandante della Cirenaica per impedire il blocco di giacimenti petroliferi. «La produzione è già quasi a zero» conferma, e questo significa che fra poco le casse dello Stato saranno vuote.

Da venerdì le forze di Haftar hanno chiuso i principali pozzi petroliferi della Libia. È un gioco di potere e di forza, mentre le potenze europee e arabe e gli Stati Uniti si incontravano a Berlino per convincere il generale a fermare la sua campagna per prendere Tripoli. Nel frattempo a Berlino Haftar si è rifiutato di nuovo di firmare l'accordo di cessate il fuoco, negoziato nei colloqui intra-libici di Mosca. Il generale, secondo una fonte russa, «si è comportato in modo strano: ha spento il telefono, si è reso irraggiungibile e, senza avvertire nessuno, se ne è andato». Invece l'altra parte, al Serraj, ha dichiarato che «rispetterà la tregua di Berlino» ma «non siederà mai al tavolo con Haftar».

Al Serraj ha anche respinto le richieste del generale che condizionerebbe la riapertura dei porti petroliferi a una nuova distribuzione delle entrate petrolifere. La maggior parte dei pozzi petroliferi della Libia si trova ad Est dello Stato. Ma i ricavi sono distribuiti attraverso la compagnia petrolifera statale con sede a Tripoli, la Noc. Il generale ha più volte cercato di aggirare la Noc ma vi è un divieto delle Nazioni Unite a riguardo. La compagnia invia i proventi di petrolio e gas alla banca centrale di Tripoli, che lavora principalmente con il governo di Serraj anche se finanzia anche alcuni stipendi pubblici, carburante e altri servizi nella Cirenaica controllata da Haftar. Il generale vorrebbe che i proventi siano più equamente ridistribuiti dal momento che controlla la maggior parte dei pozzi petroliferi del Paese.

Nel frattempo i prezzi del petrolio sono saliti al massimo in poco più di una settimana. Il prezzo del Brent ha guadagnato quasi un dollaro, è arrivato a 66 dollari al barile. Il Wti texano è a 59,73. Sono gli effetti del taglio di circa 800 barili, oltre due terzi dell'export libico. Anche i campi di Shahara e El-Feel, nel Fezzan, hanno dovuto ridurre la produzione dopo che milizie tribali fedeli ad Haftar hanno preso possesso e chiuso l'oleodotto che porta al terminal di Zawiya, vicino a Tripoli. In questo modo l'intero export libico, che aveva toccato 1,2 milioni di barili, rischia di essere bloccato nei prossimi giorni. Anche il giacimento offshore di Al-Wafa dovrà infatti ridurre la produzione per mancanza di sbocchi. La chiusura ha effetto anche sull'Eni, che nel giro di poco sarà costretta a fermare gran parte della sua produzione nel Fezzan e in Tripolitania.

Secondo molti analisti le chiusure attuali sono chiaramente un gioco di forza volto a rafforzare il potere di Haftar in coincidenza con gli sforzi internazionali per mediare la pace nel Paese. Nel frattempo una «ripresa dei combattimenti» nella parte Sud di Tripoli è stata segnalata nella tarda serata di domenica. Gli scontri sono avvenuti «nei pressi del cimitero» di al-Hadba. Un tentativo di avanzata da parte delle milizie del generale Haftar per la conquista di Tripoli.

Una nuova violazione del cessate il fuoco denunciata dalle forze filo-governative.

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