Il nome di Adriano Sofri, già leader di Lotta Continua, con alle spalle una condanna (22 anni) per l'omicidio del commissario di polizia Luigi Calabresi nel 1972, compare nell'elenco chiamati a offrire pareri tecnici in vista della riforma del sistema penitenziario. O meglio si dovrebbe dire che quel nome, compariva.
Almeno fino a ieri mattina, quando - dopo l'allarme lanciato dai sindacati di polizia penitenziaria - la sua nomina è stata al centro di un infuocato dibattito e ha portato il diretto interessato a rinunciare all'incarico.
La sua rinuncia, però, non ha placato gli animi di tanti tra quelli che avevano considerato la scelta del Guardasigilli Andrea Orlando «inaccettabile» e «oltraggiosa».
Il sindaco di Verona, Flavio Tosi, e il senatore Maurizio Gasparri (che ha presentato un'interrogazione parlamentare) concordano su un punto: «Allarmante che un condannato in via definitiva per omicidio - tuona Tosi - dimostri di aver più buon senso del ministro della Giustizia».
Poi c'è l'ironia militante di Matteo Salvini. «Dopo Sofri consulente del governo per la riforma della carceri - commenta il leader della Lega Nord -, attendiamo incarico per Schettino al ministero dei Trasporti».
Ovviamente nel coro di proteste vanno segnalate le voci di Mario Calabresi (oggi direttore della Stampa ) e di sua madre Gemma Calabresi. Il figlio del commissario di polizia è tra i primi a commentare la notizia su Twitter . «Sentire pareri diversi è sempre giusto - spiega - ma non comprendo la scelta di far sedere Sofri al tavolo della riforma. Spero che Orlando lo spieghi». La replica del minsitro è sintetica e arriva, comunque, dopo il passo indietro di Sofri. «Non c'era nessun tipo di consulenza né tantomeno di incarico retribuito per Adriano Sofri» spiega da New York il ministro. La risposta del ministro sgombra il campo almeno sull'aspetto economico. I membri di queste commissioni, infatti, lavoreranno a titolo gratuito con un rimborso per le spese sostenute nel corso del lavoro per gli Stati generali.
Le parole più pesanti ma anche le più efficaci contro la scelta di inserire Sofri nella lunga schiera di esperti chiamati a «pensare» la riforma del sistema penitenziario (tra i componenti della commissione anche Rita Bernardini, ex deputata dei Radicali, e l'ex pm di Mani Pulite Gherardo Colombo) sono quelle dei rappresentanti sindacali della polizia carceraria. Donato Capece, segretario generale del Sappe, definisce «inaccettabile e inammissibile» la decisione del ministro. Leo Beneduci, responsabile dell'Osap (altra sigla sindacale degli agenti di custodia), vede nella scelta di inserire il nome di Sofri nella commissione, la conclusione di trattative di mera natura politica «che hanno ricompattato la sinistra a suo tempo definita “eversiva”». Amara anche la reazione del Consap che in un comunicato annuncia di aver iniziato la raccolta firme per una petizione da presentare al Capo dello Stato.
Di segno opposto il giudizio di Eugenio Sarno, segretario della sigla sindacale Uilp. «La presenza di persone private della libertà era prevista nella costituzione degli Stati generali - spiega -. Semmai a destare scandalo è il fatto che nelle suddette commissioni non ci sono rappresentanti della polizia penitenziaria».
A difendere Sofri restano Patrizio Gonnella, presidente dell'associazione Antigone che si batte per i diritti
dei carcerati, e il senatore Luigi Manconi (Pd): «Il libro Altri hotel di Sofri è uno dei più straordinari strumenti di indagine sul sistema penitenziario che già giustifica la scelta del ministro».di Pier Francesco Borgia
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