Riforma elettorale: sulle preferenze è rivolta bipartisan

Il pd Giachetti: «Così rischiamo di espandere il marcio di Roma su scala nazionale». Rossi (Fi): «Sistema che facilita la corruzione»

L'attenzione del grande pubblico è distratta dalle colorite vicende della presunta mafia capitolina, ma quella che si apre sarà una (ennesima) settimana decisiva per i destini delle riforme e del Patto del Nazareno.

L'esame dell'Italicum e della revisione del Senato va avanti in parallelo nelle commissioni di Palazzo Madama e di Montecitorio, e il premier è ben deciso a ottenere un voto in tempi rapidi, nonostante l'ostruzionismo delle opposizioni e della minoranza Pd: il 16 dicembre la riforma del Senato dovrebbe arrivare in aula. Mentre oggi la relatrice Anna Finocchiaro presenterà le modifiche concordate sulla legge elettorale: premio di maggioranza alla lista che superi il 40% (o ballottaggio tra le prime due); sbarramento al 3%; il mix tra capilista bloccati e preferenze. Ieri Matteo Renzi, parlando davanti alla platea dei giovani democratici, ha ricordato le linee guida del suo Italicum: «Con il premio alla lista - ha sottolineato - chi arriva primo avrà 340 deputati. Il partito che vince su 100 collegi indicherà un capolista e questo costringerà a una selezione della classe dirigente senza spartire i posti tra le correnti. La legge elettorale con il meccanismo del collegio e poi delle preferenze ci impone di essere un partito serio».

Ma proprio sulla delicata questione delle preferenze, tanto più dopo l'irruzione dell'inchiesta romana, si levano voci critiche anche dalle file renziane del Pd. Ieri è stato molto duro Roberto Giachetti, intervistato dalla Stampa : «Faccio un appello: Matteo fermati finché sei in tempo, perché rischiamo di espandere il marcio di Roma su scala nazionale se riapriamo la pratica delle preferenze che furono la causa di Tangentopoli», dice il vicepresidente della Camera. Meglio tornare all'impianto originale dell'Italicum: «Un simbolo con tre nomi sulla scheda, liste corte con tre candidati che la gente sul territorio conosce. Punto». Incalza anche un'altra parlamentare Pd, Stella Bianchi: «Le preferenze sono il sistema peggiore in assoluto, inducono alla lotta fratricida nella stessa lista e alla ricerca di appoggi e finanziamenti per farsi eleggere».

Dubbi che trovano ampio consenso nel campo dell'altro contraente del «Patto», Silvio Berlusconi, contrario alle preferenze fin dall'inizio. Lo dice a chiare lettere Maria Rosaria Rossi, fedele portavoce del Cavaliere: «Lo scandalo di Roma dimostra che le preferenze non risolvono il problema della selezione di una classe dirigente, degna, anzi facilitano la corruzione». E dentro Forza Italia, il cui stato maggiore si è consultato ieri con il Cavaliere sulla linea da tenere in Senato sull'Italicum, si spera ancora nel ripensamento di Renzi sia su questo punto, grazie anche allo scandalo romano (che nel Pd coinvolge esponenti noti per i propri pacchetti di voti) che sulla questione della soglia.

Quello sbarramento al 3%, concesso da Renzi per tendere una pietosa mano a Ncd e Sel e per mettere a tacere la sua minoranza interna appare decisamente troppo basso: «Renzi non può sostenere che ci si vuol liberare dal potere di ricatto dei partitini e poi farlo rientrare dalla finestra», spiegano in casa Fi, dove insinuano un sospetto: «Non vorremmo che quella soglia sia stata abbassata anche per incentivare la minoranza Pd a levarsi di torno e farsi le sue liste con Sel, liberando il campo e consentendo al premier di scegliere candidati più vicini a lui».

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