Riforme e tagli, quella sintonia tra Parisi e Cottarelli

L'uomo della spending review al fianco del leader di Energie per l'Italia lancia l'"austerità soft"

Riforme e tagli, quella sintonia tra Parisi e Cottarelli

Milano - «E il capitano disse al mozzo di bordo: Giovanotto, io non vedo niente. C'è solo un po' di nebbia che annuncia il sole. Andiamo avanti tranquillamente». Chi ricorda il motivo di Francesco De Gregori, lo può canticchiare. Per gli altri: è tratto dall'album «Titanic», oltre che dall'ultimo libro di Carlo Cottarelli Il macigno, dove la montagna non è l'iceberg che fece affondare il superbo transatlantico, ma il debito pubblico in cui l'Italia è sprofondata da tempo. Centotrentatré per cento del Pil è il rapporto che spesso dimentichiamo, come si rimuovono le informazioni sgradevoli.

Questa specie di memento mori, accompagnata da una ciambella di neo austerity per il salvataggio, è tornata a Palazzo Reale durante la presentazione del libro, insieme a una critica delle teorie keynesiane di crescita attraverso gli investimenti pubblici. Al tavolo con l'autore Stefano Parisi e l'animatore di «Energie per l'Italia» ha sfoggiato liberismo più dell'uomo che è un direttore esecutivo del Fondo monetario internazionale.

Cottarelli è il tecnico chiamato a fine 2013 dal governo Letta per fare la spending review alla politica. Nel suo ruolo di commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica durò meno di un anno, finché Renzi lo rimandò al Fondo monetario da cui era venuto. E oggi Cottarelli, parlando del governo Gentiloni, si mostra conciliante: «Credo che stia facendo quello che, nei vincoli che ci sono dal punto di vista politico, può fare».

Ma torniamo al Titanic Italia, in pareggio solo nel 1875 e nel 1876, ultimi anni della destra storica. «Con il debito al 133% del Pil, non possiamo stare certo tranquilli» ha detto Cottarelli. E spiegato che chi sta davvero peggio di noi è la Grecia e se il nostro debito non sembra lontano da quello del Giappone, è la qualità ad essere diversa: in Giappone il 90% del debito è in mano a residenti, come dover restituire denaro a parenti e amici, in Italia solo il 60%, ciò che rende la faccenda esplosiva. Se ora la situazione sembra più serena, è solo perché la Bce sta comprando una quantità elevata di titoli di Stato. Tendenza che, secondo Cottarelli, non sopravviverà dopo la presidenza di Mario Draghi.

Che fare? La ricetta sono privatizzazioni, riforme strutturali, moderata austerità, crescita e risparmio, così da ridurre gradualmente il debito, come ha fatto il Belgio (e non solo). Così possiamo arrivare al 60 per cento del Pil nel 2044. Lontano? «Se il debito va diminuendo, il rischio di una crisi tipo quella del 2011 e 2012 si riduce della metà».

Insomma, basta «non cambiare idea ogni sei mesi». E qui la sintonia con Parisi è piena: «Le cose serie che possiamo fare sono di lungo periodo. Renzi ha fatto politiche di comunicazione. Ora serve un mandato di cinque anni per affrontare i problemi».

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