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La rivolta della benzina infiamma tutto l'Iran. La polizia apre il fuoco

Sono 11 le vittime di una giornata di blocchi nel Paese. Dopo l'annuncio del razionamento

La rivolta della benzina infiamma tutto l'Iran. La polizia apre il fuoco

Beirut L'Iran è in fiamme. Migliaia di manifestanti sono scesi per le strade dopo che il governo ha annunciato senza preavviso il razionamento della benzina oltre all'aumento del 50 per cento del prezzo. Un colpo tremendo a una popolazione già provata da due anni di crisi economica. Video pubblicati online mostrano automobilisti nella capitale, Teheran, che bloccano il traffico sull'autostrada Imam Ali. In un altro filmato si vede un blocco stradale sull'autostrada Teheran-Karaj, sotto la prima neve di stagione. In altri filmati la polizia spara gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti, mentre a Shiraz sarebbero state usate anche pallottole vere. Le proteste sono scoppiate in tutto il Paese. Teheran, ma anche Kermanshah, Isfahan, Tabriz, Karadj, Shiraz, Yazd, Boushehr e Sari.

Una persona è stata uccisa durante le proteste a Sirjan (11 in totale), altre sono state ferite quando uomini mascherati e armati di pistole e coltelli si sono infiltrati nelle proteste e si sono scontrati con le forze di sicurezza. I tafferugli con la polizia sono iniziati dopo che i manifestanti hanno attaccato un deposito di carburante e hanno cercato di dargli fuoco. Un manifestante è morto anche nella città di Behbahan.

Le misure d'austerity sono molto rigide. Ogni automobilista può acquistare 60 litri di benzina al mese a 15.000 rial, pari a 0,13 dollari al litro. Ogni litro aggiuntivo costa quindi 30.000 rial. Prima, ai conducenti erano concessi fino a 250 litri a 10.000 rial per litro. L'Iran è uno dei più grandi produttori di petrolio al mondo, 4 milioni di barili al giorno, ma ha difficoltà di raffinazione e finanziarie dovute alle sanzioni Usa. Il governo ha precisato che le entrate dovute all'eliminazione dei sussidi alla benzina saranno utilizzate per pagamenti in contanti a famiglie a basso reddito. «Le maggiori entrate saranno indirizzate a 18 milioni di famiglie bisognose, circa 60 milioni di persone», ha assicurato il ministro del Petrolio Bijan Zanganeh.

Ma sono rassicurazioni che non placano la rabbia popolare. Ieri il presidente Hassan Rouhani ha dichiarato che il 75% degli iraniani era attualmente «sotto pressione» e che le entrate extra derivanti dall'aumento dei prezzi della benzina sarebbero andate a loro. I proventi degli aumenti dei prezzi della benzina in Iran sono stati stimati tra i 300 e i 310 mila miliardi di rial, pari a 2,55 miliardi di dollari all'anno.

Ma la crisi economica iraniana parte da più lontano. Da quando gli Stati Uniti hanno deciso di ritirarsi dall'accordo sul nucleare del 2015 e di imporre nuove sanzioni al Paese. Molti iraniani sono scontenti a causa della forte svalutazione del rial e dell'aumento del prezzo del pane, del riso e di altri alimenti di base. La misura sulla benzina fa parte degli sforzi per compensare il forte calo delle entrate. Rohani ha anche riconosciuto questa settimana che l'Iran nell'ultimo periodo ha dovuto affrontare una forte diminuzione del flusso di petrodollari nel Paese.

Per questo il presidente in queste ultime settimane ha parlato della necessità di dialogare con i nemici, cioè gli Stati Uniti. Non è semplice. Il presidente deve confrontarsi all'interno con i falchi della linea dura. La loro posizione è molto chiara: non vogliono scendere a compromessi sulle politiche regionali dell'Iran. Questi disordini però rappresentano un rischio politico anche per Rohani in vista delle elezioni parlamentari di febbraio. I risparmi degli iraniani sono evaporati, la disoccupazione è galoppante e l'inflazione è già al di sopra del 40%. Il Fmi ha previsto che l'economia iraniana si contrarrà del 9% quest'anno.

L'aumento del prezzo della benzina è stata soltanto l'ultima goccia.

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