La Romania a un «tedesco» (eletto coi voti degli italiani)

Stravince Johannis, il candidato conservatore che vuole imitare l'ordine della Germania. E ribalta i risultati del primo turno grazie agli emigrati

La Romania a un «tedesco» (eletto coi voti degli italiani)

Sorpresa, la cancelliera Angela Merkel mette un piede pure a Bucarest. La Romania ha infatti scelto un tedesco come presidente della Repubblica. Sconfessando i sondaggi della vigilia, il conservatore Klaus Johannis ha vinto al ballottaggio le elezioni con il 54,5% dei voti, staccando di ben nove punti l'avversario socialdemocratico Victor Ponta, attuale premier. E pensare che al primo turno Johannis aveva raccolto solo il 30% delle preferenze, contro il 40 di Ponta, facendo credere a tutti gli osservatori e ai sondaggisti che il risultato sarebbe stato impossibile da ribaltare. Così non è stato.

Il «tedesco», com'è soprannominato Johannis in Romania, ha 55 anni e appartiene alla minoranza sassone che vive in Transilvania dal XIII secolo. Docente di fisica, sale alla ribalta della scena politica nel 2000, quando viene eletto sindaco della città di Sibiu, sostenuto dal partito che rappresenta i diritti dei tedeschi. Le sue riforme entusiasmano i cittadini, tanto che per ben due volte gli rinnovano la fiducia rieleggendolo sindaco con una maggioranza «bulgara» (oltre l'80%). Da quel momento la sua carriera politica è un inanellarsi di successi, fino a diventare presidente del Partito liberale nazionale (Pnl). Nel 2009, nel corso di una crisi politica, la maggioranza del parlamento romeno lo propone come premier, ma il presidente Traian Basescu si rifiuta di nominarlo capo del governo.

Nel febbraio di quest'anno, il Pnl abbandona la coalizione che sostiene l'esecutivo Ponta e incorona Johannis come candidato alla presidenza della repubblica. Comincia una campagna elettorale senza esclusione di colpi, in cui Johannis, sposato da 25 anni e senza figli, diventa l'obiettivo degli attacchi postcomunisti proprio perché non è padre e per le sue origini tedesche. Alle polemiche sulla sua etnia lui replica con naturalezza: «Nella mia infanzia ho avuto pochissimi coetanei romeni. A scuola ero iscritto alla sezione tedesca, che era frequentata quasi solo da bambini tedeschi». Così, né il tasto nazionalista né quello famigliare sortiscono gli effetti sperati. E a Johannis, nonostante brilli per la sua opacità e mancanza di carisma, riesce il colpaccio, grazie a un messaggio semplice ed efficace: portare l'efficienza tedesca in Romania. I numerosi scandali in cui è rimasto invischiato il Partito socialdemocratico sono poi terreno fertile per la sua campagna improntata sulla lotta alla corruzione.

Importante, se non decisivo, sembra essere stato il voto dei romeni all'estero (sono oltre 2,5 milioni nell'Unione europea, mentre la Romania ha poco più di 20 milioni di abitanti). Curioso, visto che la stragrande maggioranza degli emigrati ha scelto il candidato che vuole riportare l'ordine e usare il pugno di ferro contro il malcostume.

Un ruolo non secondario l'ha avuto anche la Merkel, che non ha mai fatto mancare il suo pubblico appoggio a Johannis, convinto sostenitore dell'Unione europea e che ambirebbe a portare la Romania nella sfera d'influenza tedesca. Non a caso, l'avversario Ponta continua ad accusarlo di essere «il cavallo di troia» della cancelliera.

«Sarò il presidente di tutti, un presidente libero», sono state le prime parole di Johannis, che ha ribadito la promessa di «una nuova Romania. Un profondo cambiamento è in arrivo». Ma dovrà ancora fare i conti con Ponta, il quale non intende dimettersi da premier e paventa un'altra stagione di coabitazione e quindi d'instabilità politica. Al candidato postcomunista non ha portato fortuna il sostegno del premier italiano, che è addirittura volato quattro giorni fa in Romania per tirargli la volata elettorale. «Non sono qui solo perché amico di Victor - ha detto Renzi - ma sono qui perché penso che Victor Ponta possa aiutare l'Europa a essere più forte e migliore».

Forse non tutti lo ricordano, ma Ponta è stato dichiarato colpevole di plagio dal Collegio accademico di Romania: nella sua tesi di laurea ci sono 85 pagine copiate. Ma non basta. Lo scorso anno, in visita a Torino, si è divertito a insultare Silvio Berlusconi definendolo «un incubo, come Ceausescu». Un endorsement azzeccato.

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