Rosatellum, i timori del Colle: salta il vertice Mattarella-Renzi

Il Quirinale evita l'incontro per provare a rasserenare il clima. Continua il pressing dei partiti sul Quirinale

Rosatellum, i timori del Colle: salta il vertice Mattarella-Renzi

Presidente, pensaci tu. Telefoni roventi sul Colle, dove ministri e leader di partito chiamano a ripetizione per convincere il capo dello Stato a intervenire ancora sulla legge elettorale. La riforma infatti, nonostante i recenti richiami di Sergio Mattarella, si è di nuovo arenata. Il Rosatellum lanciato dal Pd si è spiaggiato per problemi di numeri e di tenuta della maggioranza. Se ne riparlerà il cinque giugno, intanto resta la sensazione che sotto la prova di forza ci sia il tentativo di Renzi di andare al voto in autunno, cercando l'incidente parlamentare: o passa la mia legge, o si va alle urne. E quindi, visto che forse lassù hanno altre idee al proposito, ecco il fiorire di appelli e suppliche al Quirinale. «È l'unico che può far ragionare Matteo», dicono in Transatlantico. E Mattarella interverrà, ma a modo suo, felpatamente, sotto traccia, in silenzio. In realtà qualcosa l'ha già fatta, ha lasciato cadere un appuntamento che aveva con il segretario del Pd proprio per depotenziare l'evento e alleggerire il clima. E per i prossimi giorni, tra Csm, G7 a Taormina, una trasferta a Palermo e i festeggiamenti per il 2 giugno, l'agenda risulta piuttosto fitta. In una fase tanto turbolenta, questo è il ragionamento del Colle, meglio sdrammatizzare e tenere il governo al sicuro.
Certo, il presidente considera l'argomento «prioritario». Soltanto un mesetto fa, per smuovere la palude, aveva infatti convocato a colazione Pietro Grasso e Laura Boldrini e li aveva investiti ufficialmente della questione. Il capo dello Stato aveva ricordato «i rischi di instabilità» nel votare con i due sistemi attuali, «uno fortemente maggioritario e l'altro decisamente proporzionale», cioè completamente diversi, talmente scombinati che forse porterebbero a due vincitori differenti alla Camera e al Senato. Perciò il Parlamento, aveva concluso, deve «renderli omogenei e compatibili».
Dunque quello che doveva dire lo ha già detto. Per il resto Mattarella resta fedele alla sua linea: quando lavora il Parlamento, il capo dello Stato tace. Sul merito della riforma, a quanto filtra il Quirinale non ha particolari preferenze: nessuno dei modelli di cui si litiga può essere definito adatto o sbagliato, perché quello che conta non è quale sia il sistema migliore, ma se alla fine si riuscirà a produrre una legge elettorale oppure no.
Le previsioni non sono per niente ottimistiche. Anzi, i «timori» del Colle si estendono pure al quadro politico generale. Nelle prossime ore Mdp terrà una kermesse a Milano che si annuncia molto dura contro il governo.

Se la spaccatura tra Pd e gli scissionisti bersaniani non fa più notizia, quella tra i renziani e gli altri partiti della coalizione sulla legge elettorale sta avendo delle ripercussioni e mette a rischio una serie di provvedimenti, dalla cittadinanza alla legittima difesa al processo penale, che stanno per essere varati. L'incidente è dietro l'angolo e la «preoccupazione» di Mattarella, silenziosamente, monta.

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