La Russia paga i bond e dribbla il default Ma S&P vede nero

Giù il rating. Gentiloni: "Risposta di sistema se la crisi peggiora. Presto gli aiuti di Stato"

La Russia paga i bond e dribbla il default Ma S&P vede nero

Standard&Poor's è pronta a marchiare a fuoco la Russia con la sigla «SD». L'acronimo indica il «default selettivo», una sorta di bancarotta parziale che scatta nel caso in cui il debitore non onori una parte delle proprie obbligazioni. L'agenzia Usa ha per ora declassato a «CC» la valutazione sul debito sovrano russo (sia quello in valuta estera, sia quello in moneta locale), ma ha avvertito che entrambi i rating restano «sotto osservazione con implicazioni negative». In pratica, non si escludono ulteriori retrocessioni.

La bocciatura di S&P alimenta il mistero sull'effettivo pagamento da parte di Mosca di una cedola da 117 milioni di dollari, scaduta mercoledì scorso. Anche se prima Bloomberg e poi il Wall Street Journal hanno rivelato che il versamento è andato in porto, con il denaro già depositato sui conti di Citigroup e quindi girati agli obbligazionisti grazie a un'esenzione dalle sanzioni concessa dall'Office of Foreign Assets Control del dipartimento del Tesoro Usa. L'eccezione permetterebbe alla Banca di Russia e al ministero delle Finanze russo di onorare gli impegni finanziari in dollari fino al 25 maggio prossimo. Dopodiché, sarà necessaria una specifica licenza approvata dal Tesoro per continuare a ricevere interessi, dividendi o pagamenti a scadenza sul debito del Cremlino. Nè il ministero guidato da Janet Yellen, né Citi hanno confermato la notizia.

È comunque probabile che la volontà di Mosca di ripagare il suo debito internazionale venga presto messa alla prova. Il 31 marzo scadono interessi per un controvalore pari a 615 milioni di dollari, mentre il vero test di solvibilità potrebbe arrivare il 4 aprile, data in cui dovrà essere rimborsato un bond da due miliardi. Un eventuale inasprimento delle misure punitive contro Putin potrebbe indurre Mosca a forzare la mano, come già minacciato, ripagando il dovuto in rubli. Anche a costo di incorrere in un default, poiché le obbligazioni emesse prima del 2014 non sono rimborsabili in una valuta diversa rispetto a quella di emissione.

Il commissario Ue per gli Affari economici, Paolo Gentiloni, ha del resto sottolineato ieri che «il percorso delle sanzioni non è chiuso. Dal punto di vista della Commissione vale il principio che nulla è fuori dal tavolo per principio. Ma dobbiamo modulare le sanzioni sapendo che si tratta di utilizzare metodi che danneggiano l'economia russa più di quanto non possano danneggiare l'economia europea». Ciò lascia presumere che petrolio e gas russi resteranno fuori dalla lista, data la dipendenza del Vecchio continente dai rifornimenti energetici russi.

Seppur Gentiloni abbia escluso che all'orizzonte si stia profilando una stagnazione, in caso di peggioramento dello scenario congiunturale «una risposta di sistema si renderà necessaria». E questa risposta potrebbe riportare al centro del dibattito l'emissione di Eurobond per assorbire il caro-energia e finanziare le spese per la difesa. La proposta, lanciata dal presidente francese Emmanuel Macron con l'appoggio discreto di Mario Draghi, ha però finora incontrato le resistenze di Germania e Paesi del Nord. «Non escludo dall'orizzonte del dibattito futuro temi di questo genere - ha detto l'ex premier - , anche se non sono temi attualmente in discussione e non sono stati affrontati nei vertici più recenti». Bruxelles ha intanto quasi completato lo schema di deroga agli aiuti di Stato.

Sarà presentato la prossima settimana e, come anticipato da Gentiloni, sarà «più limitato di quello per la pandemia e mirato alle imprese particolarmente colpite», in particolare quelle energivore e quelle che hanno più di tutte subìto l'impatto degli aumenti di prezzo delle materie prime.

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