«Volete un arancino?», chiede con malizia il barista all'aeroporto di Catania. Matteo Salvini e Nello Musumeci si sorridono, ammiccando al cosiddetto «patto» del centrodestra in Sicilia. «No grazie, basta arancini..», rispondono insieme. La brioche se la dividono bevendo il caffè e, quando un viaggiatore chiede al neo-governatore di Salvini, lui è pronto: «Quelli della Lega sono tra i nostri migliori amici».
Il leader del Carroccio è nella città etnea per dire in conferenza stampa che nella vittoria in Sicilia il suo partito è stato «determinante», in polemica con Silvio Berlusconi che ha parlato di successo dei «moderati». «Sono strafelice che 108 mila cittadini siciliani ci hanno votato. Ma il difficile viene adesso». Per lui, il voto va oltre l'isola e il presidente Mattarella deve sciogliere le Camere «prima possibile».
Quel 5,6 per cento raggiunto da «Noi con Salvini» insieme a Fdi (un seggio all'assemblea regionale e 3 per gli uomini della Meloni), gli basta per annunciare: «Il nostro obiettivo è quello di essere il primo partito del centrodestra anche al Sud». Vuol mettere la faccia sul risultato di Musumeci, insiste che «è una vittoria di tutti», che con «una sola componente in meno avrebbero vinto i 5Stelle». Invita gli amici di Fi «a lavorare di squadra», in disaccordo con il Cavaliere «quando bolla i grillini come sfaccendati, disoccupati, disperati». Lui, invece, tende la mano al «primo partito in Sicilia», agli elettori che «meritano rispetto» e ricorda il «voto disgiunto a favore del candidato presidente che ha preso più della lista». Al posto di Musumeci, Salvini i 5Stelle li interpellerebbe «sulle scelte più importanti». Probabilmente, tra saluti e auguri all'aeroporto, ha detto proprio questo al neogovernatore. Raccomandando un asse Lombardia-Veneto-Sicilia, con Zaia e Maroni, sull'autonomia.
Ma il leader leghista guarda al voto nazionale, oltre che alle elezioni in Lazio, Lombardia e in comuni come la stessa Catania. Pensa a possibili accordi e strizza l'occhio agli elettori grillini, con i quali vuol «dialogare giorno per giorno», perchè «ci sono delle battaglie comuni da fare». Quanto ai vertici del M5s, li sfida sul piano della «capacità e della competenza». Insomma, prende le distanze dal Cav, che addita il M5s come il vero nemico.
A Catania parla dell'alleanza. «Il patto dell'arancino? Ma non lo abbiamo mangiato questo arancino! Facciamo un patto con gli italiani. Adesso io con Berlusconi e la Meloni voglio entrare nel merito dei programmi». È un fiume in piena il leader leghista,
il giorno prima si è fatto intervistare da Repubblica, poi a Porta a porta ripete: «Siamo d'accordo sui principi, poi se vogliamo essere forza di governo dobbiamo sapere: a che età vogliamo mandare in pensione gli italiani? Con che pensione? Che facciamo sulla scuola?». Altra stoccata a Berlusconi, che parla di un programma già condiviso. Come sulle liste basate sui sondaggi: «Io non faccio le liste come X Factor o il Grande Fratello attraverso il televoto da casa. Guardo il territorio e chi amministra bene viene candidato». Su una cosa sono d'accordo: avrà la premiership chi prenderà un voto in più.
Ma Salvini ha qualche problema con la sua minoranza interna e, se Maroni condivide la linea nazionale che porta al Sud, ad altri come il
romagnolo Gianluca Pini e il lombardo Gianni Fava non piace l'idea «contro la storia» di togliere Nord dalla sigla. Dicono che in Sicilia è stato un flop, altro che «determinanti». «Ha vinto Berlusconi», chiosa Umberto Bossi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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