Salvini dice no a Palazzo Chigi "Non parlo di soldi mai presi"

Il vicepremier respinge l'invito di Conte: pazienza finita Commissione sui finanziamenti, pronta la proposta 5s

Salvini dice no a Palazzo Chigi "Non parlo di soldi mai presi"

Nel giorno dell'interrogatorio di Gianluca Savoini, il fondatore dell'associazione Lombardia-Russia indagato per corruzione internazionale per la presunta trattativa all'Hotel Metropol, la pressione incrociata dell'opposizione «intergovernativa» dei Cinquestelle e dell'opposizione «classica» si fa sempre più forte sul leader della Lega. È pronta la proposta di legge M5s per l'istituzione di una commissione d'inchiesta sui finanziamenti a tutti i partiti e - ricordano fonti pentastellate - secondo quanto previsto dal contratto, il testo sarà sottoposto dal capogruppo alla Camera, Francesco D'Uva, alla firma dell'omologo della Lega, Riccardo Molinari.

Matteo Salvini respinge al mittente critiche, illazioni e inviti a riferire in aula, non ultimi quelli firmati dal premier Giuseppe Conte e dal vice Luigi Di Maio per il quale «quando il Parlamento chiama, il politico risponde, perché il Parlamento è sovrano» e derubrica la questione ad attacco strumentale. «Non ho tempo da perdere o da far perdere. Trovate qualche altro modo per metterci in difficoltà perché i 65 milioni da Mosca non funzionano, buona caccia», replica in conferenza stampa al Viminale. «Soldi dall'estero non li abbiamo visti, chiesi, presi. Chi c'era a cena un anno fa non sono in grado dirlo. Chi puntava su questo per metterci in difficoltà è smentito dai sondaggi, anche oggi. Lascio divertirsi gli amanti di James Bond. Mi occupo di vita reale. Non parlo di soldi che non ho visto». In serata durante un comizio rincara la dose: «La nostra unica forma di sostentamento sono le salamelle delle feste. Altro che rubli russi! Hanno avviato una caccia al tesoro che non porterà a nulla». Tra questione russa e convocazione dei sindacati al Viminale, Salvini è finito nel mirino dei suoi alleati. Il messaggio a Di Maio & C. è chiaro. «Sto portando tutta la pazienza del mondo, ma essere attaccato da chi governa con te è strano. La pazienza non è infinita e tutti devono tenere fede alla parola data», ha chiosato.

L'affondo più fragoroso arriva da Alessandro Di Battista: «Salvini il bugiardo è impegnato a mentire, la sua difesa sul caso Russia-Savoini è ridicola». Il Pd, invece, continua a insistere per avere il leghista in aula. Il segretario dem Zingaretti e il capogruppo Marcucci incontreranno la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati per ufficializzare la richiesta di una convocazione in aula. Ed Enrico Letta carica le armi dialettiche: «Mai ricevuti tanti vaffa da account anonimi da quando ho detto che un ministro dell'Interno se mente su un suo collaboratore si deve dimettere. Stavolta si sente puzza di bruciato».

Si apre anche un fronte dialettico con Bruxelles. Come racconta l'Huffington Post la presidente della Commissione designata Ursula von der Leyen - che avrebbe dovuto incontrare il capogruppo di Identità e democrazia Marco Zanni per ottenere il voto leghista a sostegno della sua candidatura - avrebbe deciso di frenare e di puntare a costituire una maggioranza autosufficiente. Il Carroccio sta ancora valutando se dare il via libera come faranno i Cinquestelle - così da evitare contraccolpi sulla possibile designazione di Giancarlo Giorgetti a commissario. «È una delle figure migliori, ma non l'unica, per ricoprire quel ruolo, poi decide Conte», commenta Salvini. Per la Lega arrivano stoccate dai grillini anche in Europa dove il vicepresidente dell'Europarlamento, Fabio Massimo Castaldo, attacca: «Se si viene chiamati a chiarire di fronte all'aula non si può rifiutare». La convivenza tra i due partiti della maggioranza si attesta sulla continua tensione.

Un paradosso sottolineato sia da Mariastella Gelmini che da Anna Maria Bernini per la quale «o Di Maio prende le distanze da queste accuse insultanti o significa che per tenersi la poltrona intende restare al governo con chi non dice la verità sui rubli di Mosca, come lascia intendere Di Battista».

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