Salvini medita lo strappo e lavora al polo sovranista

Il leghista sogna l'exploit alle Europee e ragiona sul patto con la Meloni per mettere all'angolo i forzisti

Salvini medita lo strappo e lavora al polo sovranista

Gli indicatori economici continuano a traballare come non succedeva da anni. E ieri anche il Centro studi di Confindustria ha certificato che il 2019 sarà un anno a «crescita zero». D'altra parte, al ministero dell'Economia il dato è noto da tempo, tanto che i tecnici del Mef vanno mettendo le mani avanti in vista della prossima manovra che, ad essere ottimisti, sarà da almeno 40 miliardi. Per il governo che se ne dovrà far carico, insomma, un vero e proprio disastro in termini di consensi.

Eppure, nonostante le nubi neanche troppo all'orizzonte visto che il Def dovrà essere approvato dal Consiglio dei ministri ed inviato a Bruxelles entro il 10 aprile, Matteo Salvini continua a giocare all'attacco. Se il suo collega vicepremier Luigi Di Maio dice che «le preoccupazioni delle imprese sono anche quelle del governo», il leader della Lega liquida i dati che arrivano dalla Confindustria con un laconico «gufi». E ancora: «In passato hanno sempre cannato, sono previsioni che verranno clamorosamente smentite dai fatti». I toni del ministro dell'Interno, insomma, continuano ad essere quelli della campagna elettorale permanente che ormai viviamo dal giorno in cui, lo scorso giugno, si insediò il governo gialloverde.

D'altra parte, dopo il filotto delle regionali in Abruzzo, Sardegna e Basilicata, fra neanche due mesi si tornerà alle urne per le elezioni europee. Che, inevitabilmente essendo un appuntamento elettorale nazionale, sono destinate ad essere la mappa dei nuovi equilibri non solo all'interno della maggioranza di governo ma di tutto il panorama politico italiano. Ed è per questo che, legittimamente, Salvini continua a tenere altissima l'asticella, cosciente che è proprio nei prossimi sessanta giorni che giocherà la sua partita più importante. Che un pezzo importante della Lega lo stia pressando per lasciare il M5s e tornare nell'area del centrodestra non è un mistero per nessuno, come non è un segreto il fatto che il leader della Lega abbia come obiettivo quello di ridisegnare gli equilibri interni al centrodestra. È forse per questo che Salvini in queste settimane non ha dato retta ai consigli di Giancarlo Giorgetti. Il potente sottosegretario alla presidenza teorizzava infatti che sulla Tav la Lega avrebbe dovuto staccare la spina, perché al Nord «l'insofferenza verso il M5s rischia di finire per fagocitare anche noi». La domanda non solo di Giorgetti ma anche di altri big del Carroccio è sostanzialmente una: per quanto tempo potremmo continuare a scaricare su Di Maio la crisi economica e i provvedimenti che il mondo delle imprese ci accusa di non aver approvato? Salvini è ben cosciente del problema, ma per il momento vuole continuare a tirare la corda così da andare all'incasso con il voto del prossimo 26 maggio.

Ma l'incasso non è solo quello della Lega, quotata dai sondaggi oltre il 30% ma anche quello di Fratelli d'Italia. Con una buona affermazione del partito di Giorgia Meloni, infatti, il polo sovranista potrebbe attestarsi oltre il 35% e a quel punto Salvini potrebbe ragionare su elezioni anticipate dove presentarsi spingendo nell'angolo Forza Italia. Che se finisse fuori dalla coalizione si ritroverebbe sostanzialmente fuori gioco in tutti i collegi uninominali, destinata dunque ad un risultato in termini di seggi parlamentari davvero pessimo.

È questa l'idea che accarezza il leader della Lega, che in questi giorni l'ha pure confidata a più di un interlocutore. Ed è soprattutto per questa ragione che con ogni probabilità Salvini continuerà a spingere sull'acceleratore fino al giorno del voto.

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