Salvini seppellisce le rivalità: "Il leader? Non mi preoccupa"

Il segretario della Lega pensa all'unità dei moderati «per mandare a casa Renzi il prima possibile». Nuova stoccata contro Alfano: «Inutile e incapace»

Salvini seppellisce le rivalità: "Il leader? Non mi preoccupa"

L'obiettivo numero uno, sul palco di Bologna, sembra quello di tornare ad un centrodestra unito, per provare a strappare al Pd lo scettro del governo. «Oggi si decide che se si va insieme, Renzi va a casa il prima possibile. Quindi chi fa il leader è l'ultimo delle mie preoccupazioni», esordisce Matteo Salvini sbarcando sotto le Due Torri.

Nessuna rivalità e lotta per la supremazia tra alleati, in nome del comune traguardo: tanto che il leader della Lega, posando per le telecamere al fianco di Silvio Berlusconi, giura che non ci sarà scontro neppure sul metodo per individuare la leadership e le candidature: «Io non voglio morire di primarie come il Pd, che si scanna sul metodo e lascia perdere il merito - spiega - Per me se scelgono i cittadini è sempre meglio, ma conta la sostanza. Certo non voglio passare mesi a litigare come fa il Pd, se le primarie si fanno meglio, se no ce ne faremo una ragione».

Accantonata la scontata felpa, ieri Matteo Salvini ha puntato sul look renziano, forse giudicato più da leader: camicia bianca infilata nei jeans, e giusto un foularino verde per dare all'insieme un tocco leghista d'antan. Nessun «ritorno al passato», assicura: «Qui comincia qualcosa di nuovo guidato dalla lega, non è un nuovo 1994 e non è la casa delle libertà». L'alleanza di centrodestra deve «ripartire da Roma e Milano: servono persone determinate che vogliano fare il sindaco». Un nome per Milano, assicura, «io ce l'ho», ma «per serietà i nomi li facciamo prima con gli alleati, poi coi milanesi e poi in tv». E «se c'è qualche candidato migliore di quelli della Lega lo sosterremo: a me interessa unire». Poi dal palco ringrazia le forze dell'ordine ferite negli scontri e promette: «Dopo i campi rom sgombereremo i centri sociali, uno per uno e col sorriso»

Quella di Bologna non sarà «la piazza del rancore», come assicura Salvini, ma certo il leader della Lega non risparmia randellate verbali agli avversari. E il numero uno della sua lista è - più ancora di Renzi, cui pure dà del «parassita» e dell' «incapace» - è il ministro dell'Interno Angelino Alfano. Un «cretino», lo bolla. E chissà che l'attacco virulento ad Angelino non sia stato accentuato dal capo del Carroccio per infastidire il compagno di partito Bobo Maroni, che con l'Ncd governa in Lombardia e che caldeggia incessantemente un'alleanza con gli alfaniani anche su Milano, in vista delle prossime amministrative. Ipotesi cui Salvini chiude le porte: «Non andremo mai con un personaggio inutile e incapace come Angelino Alfano. Alfano, occupati dei poliziotti, cretino che non sei altro, difendi la tua gente, difendi gli italiani per bene, espelli qualche clandestino se ne sei capace, e lascia perdere la politica che non fa per te», è l'invettiva. Non esattamente il preludio di un'intesa elettorale.

La reazione del titolare del Viminale è alquanto infuriata: «Ma chi ci vuole stare con lui? Dove c'è lui io sono dall'altra parte. Salvini - rincara prendendo a prestito le note categorie mafiologiche di Leonardo Sciascia - non è un piccolo uomo o un ominicchio, ma un quaquaraquà incolto e ignorante, cui nessun paese al mondo affiderebbe neanche la delega alle zanzare».

Il botta e risposta si arricchisce prosegue via agenzie per tutto il pomeriggio: «È un peccato che il ministro Alfano usi per attaccarmi una categorizzazione degli uomini usata dai mafiosi, per quanto nobilitata dalla scrittura di Leonardo Sciascia», ribatte il capo della Lega. «Salvini provi l'emozione di leggere Sciascia, che non è un centrocampista degli anni Ottanta», infierisce il ministro, «e, in silenzio, rifletta sul proprio essere quaraquaqua».

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