Matteo Salvini ci sarà. Il vicepremier e ministro dell'Interno ieri ha confermato che parteciperà al Congresso mondiale delle famiglie, in programma a Verona dal 29 al 31 marzo, nonostante il suo alleato di governo, Luigi Di Maio, l'abbia definito un raduno di «sfigati». Ieri il ministro del Lavoro ha chiarito che il suo epiteto non era rivolto ai cattolici romani, ma «a chi nega l'esistenza della violenza contro le donne, le tratta da inferiori e si dice persino contrario a una legge che punta a un inasprimento delle pene, come invece ha proposto il Movimento 5 Stelle». Insomma, un modo come un altro per correggere il tiro e nascondere il fondo antireligioso dei pentastellati. Come ha ben esternato il sottosegretario Buffagni «la nostra idea di famiglia è diversa da quella che andrà in scena a Verona e che sembra piacere a una certa destra». Palazzo Chigi si è allineato chiedendo un supplemento di verifica sulla concessione del patrocinio all'evento chiedendo se vi sia un fine non lucrativo, condizione per l'ok che è stato dato in autonomia dal ministro leghista Fontana.
Anche per Salvini, però, questa è un'arma di propaganda: ha annunciato la partecipazione a Verona ma non a una manifestazione ambientalista in programma a Napoli. «Non vedo quale sia il contrasto», ha sottolineato precisando, con chiaro riferimento alla Tav, che «stiamo tutti lavorando per la qualità della vita e dell'aria e i treni sicuramente aiutano a migliorarla». La polemica è stata alimentata anche dal ministro della Salute, Giulia Grillo. «Non parteciperò perché la caratterizzazione ideologica che tende a ghettizzare un'altra parte dei cittadini non mi piace», ha detto.
Perché la difesa della famiglia tradizionale fa tanto scalpore? «Perché noi ci battiamo per l'articolo 29 della Costituzione che afferma che la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio», afferma Toni Brandi, presidente di Pro Vita e del Congresso mondiale delle famiglie. «Ci battiamo per le donne che non possono essere licenziate se in gravidanza: i nostri detrattori, come la senatrice Cirinnà e il sottosegretario Spadafora (che vuole negare il patrocinio, ndr) li negano nei fatti». La legge Cirinnà che equipara le unioni gay al matrimonio è stato il primo attacco alla famiglia. «Per generare un figlio c'è bisogno di una donna; la pensione di reversibilità serve al coniuge che sopravvive», aggiunge.
La legge Cirinnà e le «sensibilità» verso le famiglie omogenitoriali, infatti, hanno dato l'abbrivio ad alcune sentenze dei Tribunali di Genova, Bologna e Napoli che hanno superato il binomio inscindibile tra genitorialità biologica e sociale, di fatto riconoscendo la possibilità per un bambino di avere due madri o due padri al cambio dell'orientamento sessuale di uno dei due. Questo legittima, di fatto, la maternità surrogata e molti politici premono per l'ok all'utero in affitto che consentirebbe ai gay l'adozione del figlio biologico di uno dei partner (stepchild adoption).
La famiglia in Italia ha due altri nemici.
Le teorie gender sull'autodeterminazione sessuale hanno portato l'Agenzia del farmaco (di cui la ministra Grillo è responsabile) a inserire tra le coperture del Servizio sanitario la Triptorelina, antitumorale che, bloccando la pubertà, consente ai ragazzi di scegliere il genere. L'altro nemico è l'economia: la legge di Bilancio dimentica sempre le esigenze delle famiglie tradizionali con figli e il welfare è ridotto all'osso. Il «malloppo» è andato tutto a reddito di cittadinanza e quota 100.
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