Roma - Il capitolo sanitario della legge di Bilancio 2017 contiene voci di spesa che, secondo il governo, dovrebbero impattare positivamente sulla vita quotidiana dei cittadini. Innanzitutto, è stato predisposto un capitolo da 99 milioni (saranno 186 nel 2018) per l'acquisto dei vaccini previsti dal nuovo Piano nazionale. In secondo luogo, ci saranno ben 500 milioni per i farmaci oncologici. Alcune terapie possono costare oltre 100mila euro l'anno e questa dotazione potrebbe risultare utile. Altrettanto utili potrebbero essere 300 milioni per i farmaci innovativi, definizione nella quale rientrano molti principi attivi utilizzati contro l'epatite C. Forse non sono molti i 50 milioni per le non autosufficienza destinate soprattutto ai malati di sclerosi laterale amiotrofica (Sla), ma comunque ci sono. Non per niente ieri sera il premier Renzi al Tg1 ha auspicato un voto favorevole delle opposizioni su pensioni e sanità contestando le critiche che definiscono la manovra come un'accozzaglia di «mance elettorali».
Ecco, il problema non è tanto la validità di queste spese, ma il fatto che per renderle possibili si sia deciso di alzare a 113 miliardi dai 111 di quest'anno la dotazione del Fondo sanitario nazionale. Una scelta che ha reso felice come una Pasqua il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, minacciata dalla scure dell'austerità, ma che non risolve il problema della gestione della sanità a livello regionale. Ad esempio, con altra voce di spesa, si stabilizzeranno 3mila medici e 4mila infermieri precari. Probabilmente una scelta necessaria, ma a valle di una verifica puntuale della qualità dei servizi che da Nord a Sud è molto difforme. Renzi si è vantato molto di aver lasciato alle Regioni la possibilità di decidere come destinare i risparmi conseguiti con la centralizzazione degli acquisti tramite Consip. Forse sarebbe stato meglio decidere altrimenti.
Soprattutto se si vanno a guardare alcune previsioni della legge di Bilancio. In primo luogo, le Asl potranno effettuare «autonome procedure di acquisto» se non ci sono già contratti in essere con Consip o con altri soggetti preposti, in caso di «motivata urgenza». E in Italia, si sa, non c'è nulla di più ordinario delle emergenze. Allo stesso modo occorre ricordare che lo 0,1% del Fondo sanitario nazionale (112 milioni di euro) è destinato alla presentazione di programmi di miglioramento del livello delle prestazioni, che dovranno essere approvati dalla Commissione Lea (livelli essenziali di assistenza, ndr) del ministero della Salute entro marzo. Tale possibilità viene estesa anche alle Regioni la cui spesa sanitaria è commissariata e questa libertà di azione, ancorché finalizzata a fornire servizi di più alta qualità, concessa anche a chi non è stato disciplinato può e deve essere messa in questione.
Certo, il governo ha promesso di essere ancor più severo con università, istituti di ricerca e altri enti pubblici che offrono ricovero e cura. Dal 2013 al 2017, però, il Fondo sanitario nazionale è aumentato del 5,5%, la qualità no.
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