«L' Occidente cerca di mettere l'orso russo al guinzaglio sull'Ucraina; cercheranno di incatenarlo e una volta messo in catene gli strapperanno denti e artigli e lo imbalsameranno. Ma, sebbene ci provino da 25 anni, violando l'impegno di allargare la Nato a Est, non ci riusciranno». È un Putin spavaldo e sicuro di sé, apparentemente non turbato più di tanto dalla crisi economica e finanziaria che sta attanagliando il suo Paese («È dovuta a fattori esterni, calo del petrolio e sanzioni, ma durerà al massimo due anni») che ha tenuto la conferenza stampa di fine d'anno davanti a un numero record di 1.200 giornalisti. Ma, pur non arretrando di un pollice sull'Ucraina, ha evitato di tenere un linguaggio provocatorio, riconoscendo al presidente Poroshenko la volontà di arrivare a un accordo e facendo, contemporaneamente, garantire al suo ministro degli Esteri Lavrov di non pretendere né la federalizzazione del Paese né l'autonomia totale per il Donbass.
A molti è parso che il crollo del rublo, la prospettiva di un petrolio a lungo sotto i 100 dollari al barile, il debito di 650 miliardi di dollari delle grandi aziende di Stato russe verso l'Occidente e la possibilità che le difficoltà economiche minino la sua popolarità lo abbiano reso più disponibile a un accordo che, senza ferire il suo orgoglio, sia accettabile a Usa e Ue. Sembra che in proposito ci siano state nelle ultime ore telefonate segrete tra lo stesso Putin, Merkel e Hollande, per favorire una ripresa dei negoziati tra il governo ucraino e i separatisti. Dal fronte opposto, tuttavia, si procede per ora sulla strada della fermezza. Nonostante la dichiarata opposizione di Renzi e il possibilismo di Hollande, il Consiglio della Ue, presieduto per la prima volta dal falco polacco Tusk, ha risposto con nuove sanzioni, dirette principalmente alla Crimea, dove le navi da crociera non potranno più attraccare e gli europei non potranno più effettuare investimenti immobiliari.
L'Unione ha così seguito Obama, che, visto l'impatto dei primo due round di sanzioni ha deciso di inasprirle, accompagnandole anche con forniture militari a Kiev. Tuttavia, Hollande rimane del parere che se da Mosca arrivassero i segnali giusti «si potrebbe ipotizzare un allentamento delle tensioni» e perfino il segretario di Stato Kerry ha detto che «le sanzioni potrebbero essere tolte nel giro di settimane o anche di giorni».
La materia rimane comunque controversa. Nonostante la rigidità della Merkel, gli ambienti economici e industriali tedeschi continuano a premere per un ritorno alla normalità. La verità è che, almeno in Europa, nessuno ha interesse a un collasso dell'economia russa che porti a sommosse popolari, e men che meno a un default come quello del '98; e le contromisure adottate dal Cremlino cominciano a mordere anche in Occidente.
Il problema principale è, secondo molti analisti, non tanto l'arroganza di Putin quanto l'incertezza sui suoi obbiettivi: vuole davvero spaccare l'Ucraina o solo tenerla fuori dalla Nato? La speranza è che dietro il suo atteggiamento di sfida si nasconda la possibilità di un cambiamento di rotta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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