Scalfari conferma l'endorsement a Silvio E gli altri tentennano

Il fondatore di «Repubblica» precisa senza negare. Grillini e giustizialisti lo insultano

Scalfari conferma l'endorsement a Silvio E gli altri tentennano

Viva Silvio. Anzi no, non proprio, non del tutto. Però dai, vuoi mettere, a differenza dei Cinque Stelle «almeno il suo populismo ha una sostanza». Quindi, sia pure «in caso di estrema necessità», ripete in sostanza Eugenio Scalfari, sempre meglio lui, il Cavaliere, il Caimano, il nemico di sempre, che il giovinetto Luigi Di Maio. E non si tratta, spiega, di un tradimento o di un ravvedimento tardivo, bensì della presa d'atto della situazione italiana: dopo le elezioni, in caso di stallo, il Pd «potrebbe essere costretto» a stringere un accordo di governo con Forza Italia.

Dunque, dopo aver sollevato un bel polverone per aver confessato in tv a Giovanni Floris la sua preferenza per Berlusconi nel giochino della torre con Di Maio, dopo aver provocato sconcerto nei nuovi vertici del «suo» giornale, dopo aver dovuto incassare un commento correttivo in prima pagina di Michele Serra, dopo essere stato ricoperto da insulti dai grillini e dal Fatto, ecco che il fondatore di Repubblica torna sull'argomento per precisare e smentire il motivo di tanto scandalo.

Smentire, insomma. «L'inganno sul mio voto a Berlusconi», è il titolo dell'editoriale uscito ieri. «Cari lettori - scrive Scalfari - non cadete nell'inganno di chi sfrutta una domanda paradossale (chi voterebbe tra Di Maio e Berlusconi) per sostenere che io avrei cambiato idea. Non l'ho mai votato e naturalmente non lo voterò mai». Però, messo alle strette da Floris, alla «domanda paradossale» del conduttore ha pur sempre indicato il Cav e non Giggino.

Non solo. «Rispondendo sul tema dell'ingovernabilità - prosegue - ho detto che in caso di estrema necessità per superare una situazione paralizzante per il Paese (...) il Pd potrebbe essere costretto, come già successo in passato, a un'intesa non di natura politica con Forza Italia, sempre che si separasse da Salvini». Il punto nodale però è un altro: «Ho detto che ai miei occhi sia Di Maio che Berlusconi sono populisti, ma che il populismo del secondo ha almeno una sua sostanza».

La messa a punto non cancellerà le polemiche. Dopo l'intervista a DiMartedì, il creatore di Repubblica è stato messo in croce dalla sinistra e da M5s. «Eugenio Scalfari ci ha fatto un favore - è il commento di Di Maio - ci ha confermato come si comporterà il sistema nei prossimi mesi. Sanno che il Pd non ha speranza e l'unico che può garantire che tutto resti com'è, oppure torni addirittura indietro, è Berlusconi». Attacchi pure dal Fatto, mentre su Micromega Paolo Flores d'Arcais è andato giù duro. «L'indecente scelta di Scalfari non può essere commentata, per farlo adeguatamente sarebbero necessari sostantivi e aggettivi che non fanno parte del nostro vocabolario. Si conclude una parabola reazionaria, divenuta negli ultimi tempi avvitamento, con lo schianto su lidi di ignominia che azzerano ogni suo merito progressista pregresso».

Scalfari non si scompone.

Gli insulti di grillini e Travaglio «sono una sorta di Legion d'Onore». Quanto alla sinistra dissidente, «ci pensi bene prima di rifiutare le aperture di Renzi, da parte loro è un litigio di comari». Piuttosto, leggano Platone e Aristotele.

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