Per festeggiare la notizia, il parlamentare del Pd Davide Mattiello se la prende addirittura con la Corte dei diritti dell'uomo, che nella sentenza sul caso Contrada aveva osato criticare il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, una creatura tutta italiana. Invece, in barba alla Corte di Strasburgo, Marcello Dell'Utri, condannato per lo stesso reato di Contrada, rimane in carcere senza sconti. Lo decide ieri la Cassazione e l'onorevole Mattiello applaude, «una sentenza importante che vale come segnale per quegli altri sodali dei mafiosi che ancora sperano in un colpo di spugna dalle corti europee».
Per Dell'Utri, che anche lui si è rivolto alla Corte dei diritti dell'uomo, la sentenza europea arriverà chissà quando: magari, come nel caso di Contrada, quando ormai avrà espiato la sua pena. Nel frattempo il suo legale, Giuseppe Di Peri, aveva cercato di ottenere della giustizia italiana, se non la revoca della condanna, almeno che all'ex senatore venissero applicati gli sconti di pena aggiuntivi che la legge dal 2015, per contrastare il sovraffollamento delle carceri, prevede per chi in cella mantiene buona condotta: trenta giorni di abbuono ogni sei mesi di pena scontata, oltre ai quarantacinque già previsti. E non c'è alcun dubbio che il comportamento di Dell'Utri sia nel carcere di Parma che in quello di Rebibbia, dove è attualmente recluso, sia stato impeccabile.
Ma la Cassazione respinge la richiesta, equiparando il reato di concorso esterno a quello di associazione a delinquere di stampo mafioso, che è escluso dall'applicazione degli ulteriori sconti. Per la Suprema Corte, il concorso esterno scatta quando «un soggetto, pur non stabilmente inserito nella struttura organizzativa del sodalizio, fornisce alla stessa un contributo volontario, consapevole, concreto e specifico che si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell'associazione». E quindi va trattato allo stesso modo di Totò Riina.
Sono argomentazioni quasi identiche a quelle con cui nel febbraio scorso il tribunale di Bologna aveva rigettato il primo ricorso dei legali di Dell'Utri. Ma Di Peri non si arrende: «La battaglia per far uscire Dell'Utri dal carcere - dice - non finisce qui, perché il concorso esterno è sicuramente diverso da chi invece la pratica pienamente».
Intanto, Marcello Dell'Utri resta in galera, con la prospettiva di restarci a lungo. Ormai ha scontato quasi metà della pena di sette anni che gli è stata inflitta per i suoi presunti rapporti con Cosa Nostra. Essendo ormai a meno di quattro anni dalla fine, se fosse un detenuto come tutti gli altri potrebbe chiedere di essere ammesso all'affidamento in prova ai servizi sociali, ma anche questo beneficio è inapplicabile ai condannati per concorso esterno. Nessuna finestra, nessuna chance.
E su questa situazione senza sbocchi pesano le condizioni di salute sempre più precarie del condannato, che - spiega Di Peri - ormai «non può più convivere con il sistema carcerario». Ma i giudici finora sono sempre stati di diverso avviso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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