Troppe norme. Troppi pareri. Troppe voci. Troppo tempo.
«Troppo di tutto - sbotta Gabriele Buia, presidente dell'Ance, l'Associazione nazionale costruttori edili - attraversiamo una perenne emergenza, il dissesto idrogeologico avanza come una lebbra ma noi siamo sempre alle prese con la nostra devastante burocrazia, con le procedure bizantine, con i soldi che alla fine restano in qualche cassetto».
Domenica è caduto un viadotto sulla Torino-Savona. È solo l'ultima di una serie infinita di sciagure. Come ne usciamo?
«Purtroppo, che si tratti di riparare una galleria o di costruire una nuova strada, le cose non cambiano. Si entra in un labirinto».
Un labirinto?
«Sì. Io per un singolo intervento ho conteggiato tredici pareri. E parliamo di una strada a rischio. Siamo dentro un colossale gioco dell'oca: il governo stanzia i soldi, poi li gira al ministero che magari li passa alle regioni. E intanto si alzano voci, innumerevoli e dissonanti. La Regione contro il Comune e contro il Governo. E poi la legge A che dice il contrario della norma B. Un manicomio».
Ma la manutenzione?
«È lo stesso pantano. Che si debba realizzare la ferrovia veloce Napoli-Bari o sistemare un pezzo di rete, la sostanza non cambia».
Cosa serve?
«Dobbiamo far ripartire l'Italia».
Mi scusi, Presidente: lo ripetono tutti.
«Anche noi e da anni. Il problema è che non ci ascoltano. Anzi»...
Anzi?
«Quando mettono mano, i politici aggiungono un'altra legge che complica ancora di più il cammino già lentissimo».
Ma allora?
«Ci sono miliardi su miliardi stanziati che non si riesce a spendere».
Ma come e' possibile?
«Gliel'ho detto. È un iter contorto e farraginoso, con mille stazioni, mille problemi e mille campane che suonano. Neppure i morti bastano per sciogliere questi nodi intricati. A Sarno, dove ventuno anni fa ci furono 160 vittime, ci sono interventi finanziati da anni che restano sulla carta. Come gran parte delle opere annunciate da questo o quel governo. Il tempo se ne va in un corpo a corpo senza fine. Corpo a corpo a corpo con il groviglio legislativo, con i bandi, con la ripartizione dei fondi, con i funzionari che non firmano gli atti per la paura di commettere un abuso d'ufficio o di essere richiamati dalla Corte dei conti».
Ci sarà pure una soluzione.
«Si deve accorciare la filiera, ridurre le caselle e gli attori. Non è possibile che l'Anas solo per farsi approvare un progetto attende in media cinque anni. E che la Presidenza del consiglio ci offra un dato sconcertante: per completare nuove infrastrutture sopra i cento milioni di spesa servono almeno quindici anni».
Buia sorride ironico e allarga le braccia: «Io non sono il Presidente dell'Ance ma dell' associazione Reduci e combattenti».
Siamo senza speranza, mentre il Paese si sbriciola giorno per giorno?
«A volte i commissari, che hanno poteri in qualche modo speciali, riescono ad abbreviare le liturgie dello Stato. Ma non possiamo vivere di emergenze».
E allora?
«Dobbiamo riprendere il modello spagnolo. In Spagna fra il 2010 e il 2012 hanno speso 13 miliardi di euro. Cifre per noi inimmaginabili».
Il segreto?
«Fissare una linea invalicabile, una data sul calendario, e poi partire. Abbiamo sperimentato qualcosa di simile con i piccoli interventi per i Comuni in difficoltà».
E come è andata?
«Benissimo. Sono stati stanziati 400 milioni ma questa volta quasi tutti i cantieri, si sono messi in movimento. Un miracolo nell'Italia di oggi».
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