Il premier liquida la "cosa rossa": un delirio onirico

La scissione non spaventa Renzi, che ostenta sicurezza: certi addii? Ci fanno un favore

Il premier liquida la "cosa rossa": un delirio onirico

Roma - «Delirio onirico». Il suo giudizio sul tentativo di creare un soggetto di sinistra «alternativo al Pd» Matteo Renzi lo ha già messo nero su bianco all'assemblea dei gruppi democrat dell'altra sera. Ed è un giudizio lapidario. Non che il premier tema la concorrenza del neonato partitino di Vendola e Fassina: «È un'operazione velleitaria e intrisa di ideologismo, che fa a pugni con la realtà», e la realtà è che «non esiste uno spazio politico a sinistra del Pd», se non puramente «residuale».

Del resto, Renzi non ha mosso un dito per evitare la fuoriuscita, alla spicciolata, degli irriducibili della minoranza Pd. Anzi, l'addio di coloro che per mesi hanno condotto la guerriglia interna contro ogni riforma del governo, approfittando dei riflettori dei mass media garantiti dal ruolo di «dissidenti», è stato accolto con un senso di liberazione dal grosso del Pd renziano. «Ora i poveri Mineo e D'Attorre dovranno affrontare la crisi di astinenza da tv», dice malizioso un dirigente.

La mini-scissione a sinistra insomma non fa male al Pd, che anzi si può permettere di essere generoso in vista delle prossime elezioni, ben sapendo che la neo-sinistra da sola non potrebbe andare da nessuna parte: «Mi auguro che si possano costruire alleanze alle prossime Amministrative», dice il capogruppo Ettore Rosato, «ovviamente con un profilo riformista definito dal candidato sindaco». Che ovviamente verrà scelto dal Pd, che «valuterà di volta in volta» se allearsi, come precisa Debora Serracchiani.

Anche il commento ufficiale alla manifestazione del Quirino, affidato al vicesegretario Guerini, è benevolmente distaccato: «Una scelta che rispetto, anche se credo che spazi per una sinistra di governo fuori dal Pd non ci siano. Ma staremo a vedere che fanno, auguri». Un esponente della segreteria renziana fa, a microfoni spenti, un'analisi più spietata: «Hanno sbagliato tutti i tempi: se avessero rotto quando abbiamo iniziato la maratona delle riforme ci avrebbero messo in difficoltà. Invece hanno aspettato, rinviando la battaglia finale di riforma in riforma, e adesso un D'Attorre o un Mineo che se ne vanno ci fanno il solletico, anzi ci fanno un piacere: il grosso lo abbiamo portato a casa, e ora cominciamo a raccogliere i frutti. E infatti gli altri della minoranza ormai non hanno più spazi di manovra». Il problema, insomma, è assai più della minoranza Pd che dei renziani: e infatti Pier Luigi Bersani ha dovuto prendere le distanze con molta durezza dagli scissionisti, che arrivano tutti dalle sue file, e mettere in chiaro che lui resta nel partito.

E la battaglia interna sulla legge di Stabilità si presenta per Renzi come una passeggiata: tant'è vero che la minoranza ha potuto presentare i suoi emendamenti - alcuni dei quali saranno benevolmente accolti dal governo - in una conferenza stampa al Nazareno, mandata in diretta sul sito del giornale del partito renziano, l'Unità . «Non solo ci hanno fatto entrare, ma abbiamo potuto anche far vedere le slide», scherza con la consueta ironia Gianni Cuperlo.

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