Scrittore di successo. Una formula, ripetuta come un mantra in questi anni, che dice ma non spiega. Cesare Battisti ha passato trent'anni della sua vita in fuga dall'Italia ma nel suo interminabile girovagare fra Messico, Francia, Brasile ha sempre trovato sponde amiche. Accreditamenti autorevoli. E la solidarietà concreta della gauche francese che vedeva in lui la vittima sacrificale di chissà quali nefandezze e torture e processi speciali imbastiti dai nostri giudici.
Il martire, coccolato e vezzeggiato, a Parigi e in America Latina, foraggiato, trasformato in star, aiutato in una battaglia giudiziaria contro l'Italia che avrebbe sfiancato chiunque. Fra arresti, scontri diplomatici, colpi di scena.
Il piccolo bandito di Sermoneta, entrato nel circuito del terrorismo dalla porta di servizio di una formazione sanguinaria e periferica, trova megafoni di fama mondiale: Bernard Henry Levy, Daniel Pennac, Gabriel Garcia Marquez, Tahar Ben Jelloun. Appelli. Lenzuolate. Quasi un'adozione sul palcoscenico della legalità, profanata sull'altare dei pregiudizi verso l'Italia.
Il resto viene di conseguenza: a Parigi Battisti trova un lavoro come custode di uno stabile. Intanto traduce racconti. L'intellighenzia gli apre tutte le porte. I figli delle vittime delle sue imprese devono sopravvivere fra umiliazioni e ristrettezze, lui rimbalza da un continente all'altro, sempre in piedi, sempre con qualcuno pronto a dargli un'imbeccata, un consiglio, probabilmente un assegno. Appelli e collette. Una vita da romanzo per un romanziere, genere noir, piu citato che letto. Pubblica addirittura da Gallimard, uno dei sacrari della cultura francese.
Fonda, nientemeno, un giornale in Messico, Via libre, e riesce a portarlo in Francia. Stupefacente. Uno che dovrebbe essere senza mezzi, braccato dalle autorità italiane, inseguito dalla nuvola dei procedimenti giudiziari, il killer di Torregiani si rivela pieno di risorse.
L'internazionale radical chic lo tiene in palmo di mano e scorge in lui il campione della libertà tradita. Anche se molti devono averlo confuso con l'omonimo Cesare Battisti, quello sì un martire dell'ultimo Risorgimento, impiccato dagli austriaci a Trento. In una vicenda altrettanto tragica ma senza le trame oblique e i fregi barocchi di troppi intellettuali.
In Brasile, che si sappia, vive di rendita, spende come moneta forte il proprio nome, si atteggia come se avesse alle spalle una biblioteca di successi e non il solito intramontabile network di quelli che volevano salvare il mondo ma hanno messo in salvo solo l'autostima di un assassino latitante.
Una deriva inquietante e insopportabile, offensiva per la memoria di
quel che è successo, ma anche un discreto impegno economico. Uno sdoganamento senza vergogna da una parte all'altra dell'Atlantico e un galleggiamento prodigioso sui marosi della vita. Fino all'epilogo. Atteso e insperato.
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