Il presidente della Bce Mario Draghi mentre ha annunciato che la Banca Centrale Europea continuerà nella sua politica di acquisto di debiti pubblici e di basso tasso di interesse, anche nel 2018, per stimolare l'economia europea ha bocciato il bilancio che il governo manda al senato. Il presidente della Bce dice che i paesi con alto debito impiegano il risparmio sulla spesa per interessi per ridurre il loro deficit e quindi il debito, non per fare altre spese in deficit. È chiaro che il rimprovero riguarda, in particolare, i nostri governi a guida Pd per le politiche di bilancio degli anni dal 2012 al 2017, e per il progetto di bilancio triennale 2018- 2020. Anche la Commissione europea ne annuncia la bocciatura, perché il nostro deficit rimane all'1,6% del Pil e non scende al livello di quasi pareggio di 1,2.
Il ragionamento che fa Draghi è lineare. La «non convenzionale» politica monetaria espansiva adottata dalla Bce (Qe, quantitative easing, facilitazione quantitativa) si giustifica per rafforzare le banche, il credito, il risparmio, e far funzionare meglio l'euro. Togliendo di mezzo il peso di un ingombrante debito pubblico, il Qe mira a quattro obbiettivi. Il primo è alleggerire le banche di debiti pubblici che potrebbero essere oggetto di vendite eccessive da parte degli operatori internazionali che ne deprezzerebbero il valore danneggiando banche e governi indebitati. Il secondo obbiettivo è quello dare luogo a una maggiore disponibilità di credito delle banche all'economia, dato che impiegando meno denaro nei prestiti al governo ne hanno più per le imprese e alle famiglie. Il terzo obbiettivo è quello di tornare a remunerazione normale del risparmio: il governo, avendo un bilancio in quasi pareggio, sarà in grado di sopportare spese per interessi più elevati sul proprio debito, dovuti alla fine del Qe che aveva quasi azzerato i tassi di interesse sui prestiti. Il quarto obbiettivo, che implica i precedenti tre, è quello primario della Bce, nella buona versione di Draghi, di garantire l'euro come moneta stabile e prevedibile, senza deflazione e inflazione.
L'Italia con i governi Pd di questi anni ha fatto una politica fiscale che ha ostacolato anziché favorire gli obbiettivi a cui la Bce mira. Infatti la spesa per interessi sul nostro debito pubblico che era il 4,3% del Pil nel 2010 ed era salita al 4,7 nel 2011 a causa della speculazione internazionale contro il nostro debito, è aumentata al 5,2% nel 2012 col governo Monti, mentre aveva inizio il Qe. La spesa per interessi poi scende al 4,8, al 4,6 e il 4,1, 4,0 negli anni 1013-2017; risale al 4,6, 4,5 e 4,2 nelle previsioni della legge di bilancio 2018-20. Ciò perché nel 2013-2017 il risparmio di spesa derivante dai bassi tassi non è stato impiegato per ridurre il deficit ed il debito pubblico è continuamente aumento sul Pil raggiungendo il 132% del Pil (era 118 con Berlusconi).
Né il governo di Gentiloni, il «poliziotto buono» che succede al «poliziotto cattivo», lo riduce nella misura richiesta dalla Commissione europea, con cui la Bce concorda, mentre il tasso di interesse sale mana mano che s'avvicina la cessazione del Qe dopo il
2018. Conseguenze: il nostro debito pubblico non si riduce nella misura desiderata; la crescita non si sviluppa nella misura possibile e necessaria. Ed ora il Pd, per ricomporsi, pensa allo jus soli, non al nostro futuro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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