Se gli antibiotici porteranno la peste

Usiamo troppi medicinali, così i batteri rischiano di diventare invincibili: 80mila le vittime stimate

Se gli antibiotici porteranno la peste

Una cittadina grande quanto Varese, Caserta o Grosseto sterminata da un batterio killer. Una città come Trieste trasformata in un lazzaretto. Lo scenario catastrofico ma realistico è stato delineato dal Dipartimento per la gestione delle emergenze nazionali del governo inglese che lancia un allarme da far impallidire anche le azioni di terrorismo più efferate. I nemici da combattere sono insidiosi e invisibili, crescono sempre più e mietono vittime soprattutto negli ospedali, nei reparti di rianimazione dove c'è gente più debole dal punto clinico: sono la nuova generazione di batteri killer, come l'E.coli, la Klebsiella pneumoniae e lo Staphylococcus aureus, contro cui gli antibiotici in circolazione sono inadeguati e che potrebbero causare, in caso di un'epidemia, fino a 200.000 casi di pazienti contagiati e 80.000 vittime.

La prospettiva di un'emergenza sanitaria di vaste dimensioni ha fatto scattare nel Regno Unito la richiesta di sviluppare nuovi antibiotici perché, in caso contrario, anche operazioni di routine potrebbero diventare procedure ad altissimo rischio. Uno scenario che ha allarmato anche il primo ministro David Cameron che teme «un ritorno agli anni bui della medicina, un problema che potrebbe diventare una grave emergenza per l'umanità». Il rapporto spiega anche che il rischio di nuove infezioni da batteri antibiotico-resistenti è «destinato significativamente a crescere nel corso dei prossimi 20 anni». Non è la prima volta del resto che Cameron lancia l'allarme: si era già fatto promotore di un appello in cui chiedeva a tutti gli altri Paesi di collaborare per risolvere l'emergenza e annunciato la creazione di un gruppo di esperti impegnati a studiare le ragioni per cui negli ultimi 25 anni non sono state introdotte nuove classi di antibiotici e l'insorgenza dei batteri immuni ai trattamenti.

Problema che è stato affrontato e sbattuto in prima pagina dagli inglesi ma tutto il vecchio Continente è interessato, Italia in testa. Gianni Rezza, Direttore del dipartimento di malattie infettive dell'istituto superiore di Sanità ammette che l'emergenza esiste: «Le infezioni dovute a batteri multiresistenti sono un problema in tutta Europa. In particolare in Italia e in Grecia le resistenze sono più diffuse. Il governo britannico è molto attento, forse perché curare i malati dalle infezioni costa moltissimo». Ma Rezza punta il dito anche sulla «carenza di antibiotici capaci di sconfiggere i gram-negativi tra i quali spicca la Klebsiella sbarcata dall'Oriente che ha infestato letteralmente le rianimazioni degli ospedali». Da anni c'è un allarme batteri sempre più resistenti agli antibiotici in commercio. «Purtroppo – aggiunge l'esperto - non se ne producono di nuovi forse perché non c'è un ritorno economico rispetto agli enormi investimenti che dovrebbero essere fatti per la ricerca».

La notizia positiva dinnanzi a questo quadro a tinte fosche è che «tra un anno o due saranno pronti nuovi super antibiotici che fanno ben sperare e dovrebbero fronteggiare anche le emergente di epidemie».

Resta però il problema dell'abuso di antibiotici che causano, in molti organismi, resistenze a batteri che potrebbero essere sconfitti con i farmaci in commercio. In molti Paesi i tassi di resistenza, per esempio, sono più che raddoppiati negli ultimi cinque anni. E un rapporto dell'European Center for Diseases Control (Ecdc) del dicembre scorso ha bocciato l'Italia nell'uso corretto degli antibiotici. Anche il virologo Fabrizio Pregliasco, ricercatore del dipartimento di Scienze Biomediche dell'Università di Milano, punta il dito contro l'abuso dei farmaci. «Una scorretta prescrizione e uno scorretto uso degli antibiotici è dannoso. Se non si segue la terapia per tutto il tempo previsto o vengono assunti saltuariamente si fa il gioco del batterio, che in qualche modo rialza la testa».

Accanto all'uso maldestro anche Pregliasco ammette che il mercato è carente di nuovi ed efficaci prodotti: «Non abbiamo

una nuova classe di antibiotici da un po' di tempo - aggiunge -. E quelli di cui disponiamo rischiano di essere armi spuntate a causa di un utilizzo a volte eccessivo dell'industria alimentare per gli allevamenti animali».

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