Coronavirus

Se la normalità fa paura più delle restrizioni

Passata la tempesta, ci riappropriamo della vita precedente un pezzetto per volta. Oltre le nebbie che vanno diradandosi, scopriamo cosa è rimasto, soppesiamo differenze e similitudini con il passato

Se la normalità fa paura più delle restrizioni

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Passata la tempesta, ci riappropriamo della vita precedente un pezzetto per volta. Oltre le nebbie che vanno diradandosi, scopriamo cosa è rimasto, soppesiamo differenze e similitudini con il passato. L'Italia si rimette in moto dopo aver convissuto a lungo con l'emergenza. La politica si scontra sull'opportunità di procrastinare la cornice di eccezionalità: una specie di assicurazione sulla vita per il governo in carica o una reale esigenza per tenere in sicurezza il Paese, a seconda dei punti di vista. Con le varianti sempre in agguato, siamo ancora disposti a barattare porzioni di libertà individuale in nome del bene collettivo? Superato lo choc, un anno e mezzo dopo termini come coprifuoco, zone rosse, quarantena e autocertificazione non fanno (quasi) più paura. Piuttosto a preoccupare, e chi mai l'avrebbe detto, è il pieno ritorno alla normalità.

Le piazze della movida si ripopolano come nella loro dimensione pre-pandemia, mentre i sindaci invocano ulteriori chiusure e restrizioni. Sale l'ansia al pensiero di migliaia di turisti, stranieri in particolare, finalmente in viaggio nella Penisola. Dovrebbero rappresentare ossigeno puro per albergatori e ristoratori messi in ginocchio dai lockdown, ma c'è chi teme di rivivere un'estate effimera, con il rischio di piombare nell'incubo di un'altra ondata. Intanto la Sardegna ha deciso di accogliere di nuovo i visitatori senza limitazioni, né tampone né certificato vaccinale, eppure solo un anno fa era stata la prima Regione ad arroccarsi per proteggersi dai turisti del «continente». Persino il ritorno dei dipendenti in ufficio, allo studio di molte aziende, per qualcuno resta un azzardo nonostante i contagi in questo momento siano sotto controllo e una buona fetta della popolazione attiva sia stata vaccinata, almeno con una dose. Campi diversi, esempi diversi, uniti dal comune denominatore di una normalità da riconquistare. Nel Paese fatalmente abituato a non avere nulla di più normale dell'emergenza, a turbare è l'ordine naturale delle cose. Tolta la coperta di Linus dello stra-ordinario, la sfida sta nel cambio di approccio, nel riuscire a passare senza traumi dal tamponare al pianificare. Anche se il virus ci ha costretti fin dall'inizio a rincorrere, la chiave per uscirne davvero sarà stare al passo continuando a modulare in corsa regole e abitudini, magari imparando dagli errori commessi.

C'è un'immagine che in queste ore sta facendo il giro dei social: lo stadio di Budapest pullulante di 60mila tifosi in festa, senza mascherina e distanziamento, nella partita degli Europei tra Ungheria e Portogallo. Fa lo stesso effetto di osservare una nostra foto da giovani, a metà strada tra il sollievo e il rimpianto. Nessuno sa quando una scena del genere non farà più notizia.

Forse il primo problema del dopo-Covid sarà capire cosa siamo diventati.

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