Sempre meno nozze in chiesa. Le unioni gay verso l'aggancio

Nei primi sei mesi dell'anno solo 245 matrimoni religiosi: erano 295 nel 2016. Gli sposi omosex arrivano a 214

Sempre meno nozze in chiesa. Le unioni gay verso l'aggancio

Sembrava una provocazione. Un anno fa Famiglia Cristiana rilanciò uno studio del Censis sui matrimoni religiosi e civili in Italia da cui ricavava una conclusione allarmante: «Nel 2031 non ci si sposerà più in Chiesa». Se Milano sotto tanti punti di vista è ritenuta la città che anticipa le tendenze del Paese, forse l'anno zero dello scambio d'anelli davanti a un sacerdote non è davvero così lontano. I matrimoni religiosi registrati presso l'Anagrafe del Comune di Milano da gennaio allo scorso 30 giugno risultano solo 245, una quarantina al mese. Sono anche meno del 2016, quando nei primi sei mesi i sì pronuncianti in chiesa risultavano 295 e si arrivò a fine anno a quota 863. Sono in lieve calo anche i matrimoni civili (1006 contro i 1.077 da gennaio al 30 giugno del 2016) ma ormai non si può più parlare solo di sorpasso: il rito in Comune batte quello religioso quattro a uno.

«Gli sposi novelli io li chiamo i coraggiosi, perchè ci vuole coraggio per sposarsi e farlo per tutta la vita» aveva ammesso persino Papa Francesco lo scorso 28 dicembre all'udienza generale in Vaticano. E la resistenza a impegnarsi davanti a Dio nella città della Madonnina è un fenomeno da approfondire. Tocca confrontarlo con un altro contatore che iniziava a girare l'anno scorso, proprio in questi giorni. Il 5 agosto alle ore 13 Beppe Sala ha celebrato le prime nozze gay nella storia di Milano definendole «un momento storico». Arrivò primo tra i sindaci delle grandi città. Dall'estate a fine anno sono state poi 225 le unioni civili celebrate a Palazzo Reale, davanti al Duomo, 46 tra coppie di donne e 179 unioni tra uomini. Quest'anno, da gennaio al 30 giugno, il bilancio è già a quota 214 - uno scarto minimo rispetto alle cerimonie davanti all'altare -, con 47 «sì» tra femmine e 167 tra maschi. Analizzando la fotografia dei 1.251 matrimoni milanesi - religiosi e civili - celebrati da inizio anno, 790 volte entrambi gli sposi erano italiani, in 329 casi si è trattato di coppie miste e in 132 casi di matrimoni tra stranieri. Un trend più o meno consolidato negli ultimi tre anni.

E sono più che raddoppiate in due anni le separazioni e divorzi low cost in Comune. Dal dicembre del 2014 è possibile dirsi addio in modo consensuale davanti a un ufficiale di stato civile (senza essere assistiti da un avvocato, a patto che la coppia non abbia figli minori o con handicap gravi) pagando solo i 16 euro delle spese di segreteria. Nei primi sei mesi del 2015, vuoi la novità ancora da «carburare», il Comune registrò solo 196 atti (75 separazioni e 121 divorzi). L'anno scorso a giugno erano già 434 (112 separazioni e 322 divorzi) e a fine anno arrivarono quasi a quota ottocento. Dallo scorso gennaio al 30 giugno l'Anagrafe ha già «archiviato» 458 casi (157 separazioni e 301 divorzi). Sono 111 invece le coppie che hanno scelto la strada (più onerosa) della separazione con negoziazione assistita e 122 quella del divorzio assistito, anche in questo caso non bisogna andare in tribunale ma la presenza dell'avvocato fa salire i costi.

Un altro tribunale ha molto da fare, quello ecclesiastico.

In due anni tra 2015 e 2016 la Sacra Rota di Milano ha annullato, in prima o in seconda istanza, 380 matrimoni (le richieste arrivavano anche da altre diocesi lombarde). Nella maggior parte dei casi il legame viene dissolto incapacità psichica, esclusione della prole, esclusione della fedeltà, in un caso accolto nel 2015 anche per impotenza.

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