Siamo prigionieri di una rete bucata

Il nostro è il secolo di Ermes, il dio della leggerezza ma anche dei ladri

Siamo prigionieri di una rete bucata

Questo, dicono, è il secolo di Ermes, quello che i romani chiamavano Mercurio, il messaggero degli dei, quello con le ali ai piedi, leggero, inafferrabile, veloce, il ragazzetto che regalava i sogni agli uomini. Ermes protettore dei mercanti. Ermes che viaggia e rende il mondo piccolo. Ermes amato da Calvino. Ermes che tanto bene incarna i valori di questo squarcio di presente. Bene, ricordatevi allora che Ermes, o Mercurio, è anche un ladro.

È, se proprio bisogna essere sinceri, il dio dei ladri. Nessuno stupore quindi se in questo tempo dove tutto è veloce, rarefatto e leggero si vive con l'ossessione di perdere tutto con un soffio di vento. Stai sereno. Il tuo conto on line ha muri infrangibili, in un diario segreto hai tutte le password della tua vita, quelle dei social network, quelle regolarmente separate del bancomat e della carta di credito, quelle dell'Inps, dell'assicurazione, del condominio, del tuo account Google, dell'iPpad, dell'iPhone, della posta certificata, della busta paga e del commercialista, quelle dove alterni numeri, cifre, parentesi, percentuali, maiuscole, linea alta (come il meno), minuscole, & commerciale, linea bassa (underscore). Ogni parola è un muro o una stupida speranza. Se vogliono scalano, entrano, stuprano, rubano, ti sfilano dalla pelle persino l'identità. Non esistono fortezze inespugnabili. Non si salvano le multinazionali e le Nazioni Unite, gli ex hacker convertiti alla sicurezza e i supereroi, non ci riescono gli svizzeri e neppure il Vaticano. Non ci riesce quel che resta dell'impero americano. Figurati, insomma, se ti salvi tu.

Il paradosso è che tanta leggerezza in principio ti faceva sentire sicuro. È come viaggiare nudi, che hai da perdere? Tutto. È questa la fregatura. Gli dei sono dispettosi, ti regalano la sostanza dei sogni, ma poi, ruotando l'indice, ti fanno un segno come a dire: i conti li facciamo dopo, non preoccuparti. Poi ti stangano. Ermes non fa eccezione, anzi, è più furbo degli altri. Se vivi leggero e trasparente, pensavi, non c'è ansia, non c'è ossessione, non ti pesa la paura. È l'era del post umano, con le braccia aperte all'abbraccio e non conserte. Non c'è nulla da difendere. Puoi donarti. Puoi fidarti del prossimo tuo. Non è come nel Novecento dove tutto era piombo, dove contava la «roba», la materia, qualcosa di fisico da nascondere sotto la cucitura della giacca. Il secolo delle casseforti e dei muri di cemento armato, delle trincee e delle casematte. Addio Efesto, addio al secolo di Vulcano, quello del fuoco e della metallurgia, delle fabbriche e degli oggetti.

Benvenuti invece nell'era della trasparenza. È come vivere in un romanzo cyberpunk. Hacker contro spie, una guerra fredda impalpabile e sotterranea, misteriosi guasti tecnici che paralizzano per tre ore la Borsa di New York, vagoni di gigabyte che spariscono dai server di aziende e qualcuno che si diverte a scardinare tutti i sistemi di sicurezza. Questo è il futuro che scrittori come William Gibson e Bruce Sterling sognavano alla fine degli anni '80. È Neuromante . È la periferia degradata delle megalopoli. È il virtuale come orizzonte. È la tecnocrazia. Sono i replicanti di Blade Runner. Sono cyborg e surfisti invisibili della rete. È l'etica umana troppo piccola per il potere tecnologico. È quello che stiamo vivendo adesso. Siamo così leggeri che ogni tanto ci dimentichiamo di esistere. Il problema è che siamo anche parecchio più fragili. E, soprattutto, sta diventando sempre più difficile nascondersi. I moralisti ti dicono che solo chi ha segreti si preoccupa della privacy. L'imperativo è connettersi e se non ti connetti hai qualcosa da nascondere e se ti nascondi qualcosa di male devi averlo fatto. Lasciati intercettare per grazia di Dio e volontà della nazione.

Il trucco è non farsi notare. Se cammini rasente i muri forse non ti beccano. Non ti vedono. Ti diranno che se non sei on line sei asociale. Anzi, non esisti. Appunto. Se non esisti non ti fregano. Quello che ti tenta è l'egocentrismo. Pensate a Ulisse. Per tutto il tempo sfugge a Polifemo facendosi chiamare Nessuno. Poi quando pensa di stare al sicuro sulla nave non resiste al desiderio di fama immortale e fa lo spaccone.

Ehi Polifemo, se mai ti dovessero chiedere chi ti ha squarciato l'unico occhio puoi dire che è stato Ulisse, figlio di Laerte e re di Itaca. Nome, indirizzo e albero genealogico. E via a navigare su altri dieci anni di guai.

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