La sinistra attacca il ministro: "Si dimetta, calpesta la Carta"

Schlein grida allo scontro istituzionale: "Con la magistratura superato il segno". E Bonelli annuncia un altro euro-blitz: "Siamo all'anticamera del totalitarismo"

La sinistra attacca il ministro: "Si dimetta, calpesta la Carta"
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Nella guerra d'Albania tra governo e opposizioni, al bersaglio Meloni (la premier verrà «denunciata alla Corte dei Conti come responsabile di sprechi di denaro pubblico», annuncia Italia viva) si aggiunge il punching-ball Nordio.

«Dimissioni, dimissioni», è il coro che arriva da sinistra. Il Guardasigilli è nel mirino per aver definito «abnorme» la sentenza del Tribunale di Roma sui dodici migranti da trasferire in terra albanese. «Non può essere la magistratura a definire uno Stato più o meno sicuro», ha detto Carlo Nordio, «perché è una decisione di altissima politica». Precisando che «mi pare sacrilego pensare che il nostro governo dichiari guerra alla magistratura», ma che è legittimo «criticare il merito di una sentenza» che «esonda» nella politica.

La segretaria dem Elly Schlein vede in queste parole «uno scontro istituzionale alimentato dal governo per coprire le sue incapacità». E poi dà mandato ai suoi di reclamare le dimissioni: «È un attacco alla magistratura che supera il segno, il Guardasigilli calpesta i principi costituzionali e conferma la sua incompatibilità con il ruolo», scrivono in un comunicato congiunto i dirigenti Pd che si occupano di giustizia, da Debora Serracchiani a Alfredo Bazoli a Walter Verini. Si aggiunge prontamente il verde Angelo Bonelli: «Siamo all'anticamera del totalitarismo», si infiamma. Intanto il suo partito, Avs, con il gruppo Green, chiede al Parlamento europeo di discutere il caso Albania già lunedì, nella plenaria di Strasburgo. E il Pd auspica una «procedura di infrazione» della Commissione Ue contro l'Italia. Mentre M5s, pur critico, resta prudentemente nelle retrovie per non esporsi su un tema assai sensibile per il suo elettorato.

Il duello tra le due primedonne della politica italiana, la premier in carica e colei che aspira a succederle, diventa diretto, a colpi di sciabola sui social. In un tweet serale, venerdì, Giorgia Meloni denuncia come «semplicemente scandalosa» l'iniziativa del Pd, che «ha chiesto all'Europa di aprire una formale procedura d'infrazione contro l'Italia» definendo «illegale un provvedimento votato dal Parlamento italiano, semplicemente perché loro non lo condividono. Sono «irresponsabili», scrive, «sono disposti a danneggiare tutto il Paese pur di colpire un governo a loro non gradito». Passa meno di un'ora, e Elly Schlein le replica: «Quindi è colpa del Pd se i giudici decidono che non rispettate le leggi? Nessuno è al di sopra della legge, italiana o europea: vergogna, avete violato i diritti delle persone e buttato 800 milioni di euro. Chiedete scusa». Mezz'ora, e arriva la controreplica sarcastica di Walter Rizzetto di Fdi: «Beh, insomma: detto da chi ha sul groppone un buco da 150 miliardi per ristrutturare castelli col superbonus è piuttosto comico».

Matteo Renzi evita la polemica con Nordio («Sono l'ultimo, per storia personale, a voler difendere la magistratura, e lo scontro con i giudici non c'entra niente»), ma attacca direttamente la premier: «Meloni ha commesso un errore clamoroso: sta sprecando centinaia di milioni degli italiani per un suo capriccio personale. È una influencer, non una statista».

Ma proprio alle vie giudiziarie, sia pur contabili, passa Iv: «Lunedì presenteremo denuncia formale alla Corte dei Conti, indicando Meloni come responsabile dello spreco di denaro pubblico per lo scandalo del centro migranti in Albania».

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