G arantismo. Ecco la parola magica di giornali e politici fino ad ora giustizialisti di ferro. La Repubblica chiedeva a gran voce, ogni giorno, le dimissioni di Silvio Berlusconi sulla base di intercettazioni e fughe di notizie dalle procure. Una campagna giacobina e moralista durata anni. Teoremi mai provati, interviste-ricatto, telefonate private. Trasmissioni a senso unico, inchieste grottesche, paparazzate. Andava tutto bene per buttare fuori dalla politica il leader che aveva battuto più volte i post comunisti. Stesso trattamento per qualunque inchiesta, e sono molte, che abbia toccato o almeno lambito il centrodestra in tutte le sue incarnazioni. Adesso è tutto cambiato.. I nemici della sinistra, Lega e 5 stelle, sono appena arrivati al governo e gli amici Benetton sono palesemente nei guai a causa del crollo del ponte Morandi di Genova. Difficile imputare colpe al nuovo esecutivo. Impossibile allontanare il sospetto che la gestione di Autostrade, che dipende da Atlantia, società dei Benetton, sia stata manchevole. Ed ecco nuovi, inattesi garantisti a giorni alterni: se i giudici o le circostanze accusano un amico sono appunto garantisti; se accusano un nemico sono giustizialisti. È stato un crescendo dal crollo a oggi. Per una settimana i garantisti dell'ultima ora non sono neppure riusciti a pronunciare, se non farfugliando, il nome «Benetton».
Poi hanno dovuto sgombrare questo bastione indifendibile e si sono arroccati nel chiedere pacatezza. In nome della giustizia. Chi fino a ieri ha usato le inchieste come un randello adesso suggerisce il «rispetto delle procedure» e l'attesa delle «verifiche» anche per non danneggiare «una società quotata in borsa». E addentrandosi nei rapporti con la politica: Enrico Letta non ha mai avuto conflitti d'interesse con Atlantia, Graziano Delrio poteva non sapere che il ponte era a rischio, Romano Prodi c'entra niente con le privatizzazioni balorde. Qualche esempio tra i mille possibili. Mario Calabresi, direttore de la Repubblica, parlando della voglia di giustizia, scrive: «Il rischio però è che la sentenza sia emessa in nome del sentimento o del risentimento popolare, solo per dare un colpevole in pasto ai cittadini stanchi e furiosi». Il governo deve quindi evitare «scorciatoie pericolose» e accelerare l'iter della giustizia. Renzi in un'intervista a la Repubblica, fa il bullo con tutti, ad esempio con l'esecutivo: «A loro non interessa la verità, basta un capro espiatorio: non cercano soluzioni, fabbricano colpevoli». Ma quando si arriva ai Benetton, la tigre Renzi diventa un gattino: «Che Autostrade abbia poco da difendere e molto da chiarire è evidente: ma tocca ai giudici, non a noi».
Prendiamo nota quindi del garantismo nuovo di zecca de la Repubblica e del Partito democratico, di cui Renzi è padrone anche se non segretario. Piccolo problema: queste prediche non sono credibili. Essere garantisti solo con gli amici (e gli amici degli amici) non è garantismo. È servilismo.
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