I l Pd vuole chiudere l'Ilva ma prende tempo per non disturbare la campagna elettorale (già disastrosa) del governatore della Puglia Michele Emiliano. L'obiettivo è chiaro: smontare l'ultimo bullone nelle acciaierie di Taranto. La sinistra teme però un impatto elettorale devastante in una Regione dove i sondaggi premiano il centrodestra. E dove si è già consumato lo strappo dei renziani: «Se sosteniamo Emiliano in Puglia? Noi diciamo di no, troveremo un candidato alternativo, far vincere lui è far perdere la Puglia» commenta a Un giorno da pecora, Davide Faraone, senatore e capogruppo di Italia viva.
La chiusura dell'Ilva produrrebbe 15mila nuovi disoccupati in un'area che ha il doppio della media europea di disoccupazione giovanile. Ecco che si ricorre alla melina. Si tenta di perdere tempo, aprire nuovi contenziosi con ArcelorMittal. Arrivando alla decisione finale (di chiudere i forni) a urne chiuse. Proprio mentre dall'Unione europea arrivano segnali di sostegno al comparto siderurgico dell'Italia. «La Commissione ha intrapreso diverse azioni per sostenere la competitività del settore siderurgico», spiega il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton, rispondendo a un'interrogazione presentata dagli eurodeputati di Forza Italia Antonio Tajani e Massimiliano Salini. Va fatto un passo indietro. Il 7 febbraio al Tribunale di Milano è in programma l'udienza del processo scaturito dall'azione legale intentata da ArcelorMittal per recedere dall'accordo con i commissari di governo dell'Ilva. Il colosso franco-indiano aveva optato per il disimpegno dopo che il governo Conte aveva eliminato dal decreto Ilva lo scudo penale. I giudici milanesi dispongono un rinvio fino al 6 marzo per consentire alle parti di giungere a un pre-accordo. La bozza di accordo che circola prevede l'ingresso dello Stato accanto a Mittal e l'ambientalizzazione di Taranto con l'introduzione dei forni elettrici da affiancare a quelli a ciclo integrale e la possibilità per Mittal di uscire dagli stabilimenti con una penale di 500 milioni se le condizioni previste dall'accordo non si realizzassero. Accordo che rischia di saltare.
Il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, vuole la chiusura dello stabilimento. Il primo cittadino ha minacciato il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli di non siglare alcun pre-accordo. Ma non si è limitato alle minacce. Melucci ha emanato un'ordinanza per la rimozione entro 30 giorni di tutte le fonti inquinanti dall'acciaieria. Due le soluzioni suggerite dal sindaco e dal Pd: accordo di programma sul modello Genova con lo stop alle fonti inquinanti o chiusura definitiva dello stabilimento siderurgico. Proposte contenute in una nota firmata dal sindaco Melucci e dai deputati Pd e Cinque stelle.
Un nuovo altolà è arrivato ieri: «Le intimidazioni e le ingiurie da Roma di queste ore non fanno alcun effetto» dichiara il sindaco di Taranto. «In nome e per conto della mia comunità devo diffidare formalmente i commissari dell'Ilva dal sottoscrivere un accordo con ArcelorMittal». Un atteggiamento che fa infuriare Marco Bentivogli. In un'intervista a Linkiesta il leader della Fim-Cisl usa parole durissime: «Trovo questa posizione irresponsabile. Mi sembra tuttavia una posizione tattica perché ha la finalità di far saltare il pre-accordo tra Governo, Ilva in amministrazione controllata e Arcelor Mittal.
Si vuole forzare la mano per invocare da parte dell'azienda o amministrazione straordinaria un ennesimo ricorso al Tar e allungare il brodo affinché non si disturbi la campagna elettorale di Emiliano. Piano smascherato.
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