Slot dimezzate entro due anni Il Tesoro può perdere 6 miliardi

Intesa tra governo ed enti locali sul taglio dei punti gioco

Slot dimezzate entro due anni Il Tesoro può perdere 6 miliardi

Roma - Tempi duri si annunciano per i patiti di slot e videolottery nonché per l'intero comparto del gaming: la Conferenza unificata Stato-Regioni-Comuni-Province ha approvato all'unanimità l'intesa sul riordino del settore. L'accordo prevede che entro il 31 dicembre 2019 si passi dagli attuali 98.600 a circa 55mila punti gioco, con una riduzione del 44,2%. In pratica, un dimezzamento che ribadisce l'intenzione di restringere severamente la possibilità di gioco con le new slot, già esplicitata dalla manovrina dello scorso aprile che ha decretato un taglio da 407mila a 264mila macchine entro la fine dell'anno.

L'accordo prevede testualmente la riduzione dell'offerta di gioco «sia dei volumi che dei punti vendita» e la definizione di «un sistema di regole sulla distribuzione territoriale e temporale dei punti gioco» oltre a «nuove regole di concessione certificata delle licenze di vendita del gioco» e a un innalzamento dei controlli. A questo scopo sarà accelerata la rottamazione delle vecchie slot che dovranno essere sostituite con quelle collegate in tempo reale da Sogei entro la fine del 2019, così come sancito dalla legge di Stabilità 2016. La certificazione degli operatori in sede di rilascio delle concessioni dovrebbe, infine, aumentare il livello qualitativo del gaming prevedendo «un accesso selettivo, l'identificazione dell'avventore, la videosorveglianza», ma anche la formazione ad hoc degli addetti per il contrasto della dipendenza. Ogni Regione, tuttavia, avrà facoltà di emanare, nel caso in cui non l'avessero già fatto, leggi in materia.

Occorre, tuttavia, sottolineare che la prevenzione della dipendenza dal gioco d'azzardo potrebbe rivelarsi molto onerosa per lo Stato. La raccolta del settore delle slot di nuova generazione nel 2016 è ammontata a 49,4 miliardi di euro (+2,5% sui 48,2 miliardi dell'anno precedente). I dati forniti dall'agenzia specializzata Agimeg evidenziano che la «spesa» - intesa come differenza tra puntate e vincite - è aumentata del 9,6% l'anno scorso superando i 10,2 miliardi di euro a fronte dei 9,3 miliardi del 2015. Di conseguenza, le entrate erariali sono passate da poco meno di 4,5 miliardi di euro a ben 5,9 miliardi, con un incremento del 31% annuo. Ed è chiaro che se lo Stato non vuole fare più il biscazziere, ma non vuole nemmeno tagliare la spesa pubblica, quei soldi persi per salvare i cittadini dalla «perdizione» del gioco, dovrà recuperarli da qualche altra parte, cioè sempre dai cittadini stessi.

Il governo e le Regioni «hanno raggiunto un buon punto d'intesa» sul decreto che riorganizza il settore dei giochi, ha spiegato il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti. «L'accordo segna un'inversione di tendenza», gli ha fatto eco il viceministro dell'Economia, Pier Paolo Baretta.

«Un accordo che non raggiunge gli scopi prefissi, ovvero la tutela dell'ordine pubblico e della salute delle persone, ma va verso un'unica direzione: quella di consentire l'espulsione del gioco lecito in Italia», ha ribattuto Stefano Zapponini, presidente di Sistema Gioco Italia (Confindustria), la federazione di filiera dell'industria del gioco lecito ricordando che il comparto è costituito da «6mila imprese e 150mila occupati che hanno garantito in questi anni un presidio contro il gioco illegale, pronto oggi a riguadagnare terreno».

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