Brescia. I farmaci non sono stati letali ma sono serviti a stordire Laura Ziliani, che è poi stata probabilmente soffocata con un cuscino sul volto. Questa almeno è la convinzione degli inquirenti che stanno indagando sulla morte dell'ex vigilessa di Temù, in alta Valcamonica. Dopo l'arresto delle due figlie della 55enne e di Mirto Milani (fidanzato della maggiore e amante della minore) tutti accusati di omicidio e di occultamento di cadavere - non solo il Bresciano ma tutta Italia si è ritrovata turbata dalla svolta nel caso. In particolare dopo che tutti hanno letto delle intercettazioni telefoniche tra le due sorelle. Silvia e Paola Zani hanno trascorso la prima notte di reclusione nella stessa cella del carcere femminile bresciano di Verziano. Sono entrate tenendosi per mano, poi separate per alcune ore e infine si sono ritrovate di nuovo insieme. Si trova invece in isolamento nell'altro carcere bresciano, a Canton Mombello, Mirto Milani. Tutti e tre si sono chiusi nel silenzio, ma l'ipotesi è che quella notte tra il 7 e l'8 maggio la donna sia stata uccisa a letto, mentre era in canottiera e intimo (come è stata poi ritrovata l'8 agosto) e poi portata fuori dalla casa di via Ballardini ritenuta la scena del crimine. Ma nella ricostruzione della vicenda spunta anche un'altra figura: Lucia, la figlia mezzana di 24 anni, l'unica mai nemmeno sfiorata dall'inchiesta. Affetta da un lieve ritardo cognitivo, Lucia viveva a Brescia con la madre. Al pubblico ministero, che l'ha sentita lo scorso 6 luglio, aveva detto di non fidarsi delle sorelle: «Hanno trattato molto male la mamma, soprattutto Silvia, si arrabbiavano spesso con lei, perché dicevano che non le manteneva, non dava loro abbastanza soldi, soprattutto Paola...Le mantiene la mamma, anche perché Silvia è stata licenziata ben tre volte e da quanto ne so non ricevono gli affitti degli appartamenti perché è tutto bloccato». Fiducia e rapporti si sarebbero poi deteriorati quando entrambe iniziarono a parlare male della nonna materna: «Dicevano che è perfida come un serpente e altre brutte cose degli zii». Quella stessa anziana madre di Laura Ziliani che lo scorso 17 giugno disse ai carabinieri: «Ho sempre avuto l'impressione che tutti, sia Mirto che le mie nipoti, siano troppo attaccati al denaro. Continuo ad avere il dubbio che nemmeno sia uscita dalla sua abitazione». Nelle 38 pagine degli atti Milani viene indicato come il manipolatore delle sorelle, «che non riuscendo per motivi caratteriali a contrastare la volontà materna, hanno preferito sopprimere la genitrice - scrive il Gip piuttosto che dissentire apertamente con lei circa la gestione del cospicuo patrimonio familiare». Tutti i pezzi del puzzle vengono ricomposti nell'ordinanza che racconta anche il ruolo cruciale della piccola comunità di Temù ha nel sorvegliare il paese: il 25 maggio un residente nota un ragazzo e una ragazza addentrarsi nel boschetto vicino a casa. I movimenti dei due lo insospettiscono, li segue da lontano col binocolo e quando si allontanano va a controllare: tra le sterpaglie trova una scarpa di colore violetto con delle strisce arancioni. Ai carabinieri dirà di aver visto addentrarsi nel bosco una delle sorelle Ziliani insieme a Mirto Milani. La scarpa, verificano gli inquirenti, era dell'ex vigilessa, compatibile con quella rinvenuta due giorni prima. Il 10 giugno, invece, nel letto del torrente Fiumeclo, vengono trovati dei jeans.
Anche in questo caso la segnalazione arriva da persone che frequentano il paese. Tre minuti prima, Silvia, Paola e Mirto si trovavano a poca distanza dal torrente. L'ipotesi è che siano tutti tentativi di depistaggio del trio, dopo l'assassinio di Laura
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