Sondaggi e inchieste scatenano la faida dentro al Movimento

Di Maio costretto ad espellere subito De Vito per provare a salvare la campagna elettorale

Sondaggi e inchieste scatenano la faida dentro al Movimento

La corsa è partita. Vince chi scarica l'indagato Marcello De Vito. Nella giornata in cui è arrivata la notizia dell'accusa di corruzione anche ai danni dell'assessore allo Sport Daniele Frongia, emerge un quadro più chiaro, seppure sottotraccia, delle reazioni alla bomba scoppiata ieri nel M5s dopo l'arresto del presidente del Consiglio comunale di Roma coinvolto nell'inchiesta sul costruttore Luca Parnasi e il progetto del nuovo stadio della Roma.

Innanzitutto c'è la decisione, irrituale, del capo politico Luigi Di Maio di espellere subito De Vito, senza passare dal procedimento davanti al collegio dei probiviri. «È stato arrestato per corruzione, e questo per noi non è tollerabile», dice chi è molto vicino a Di Maio. Ma dietro l'epurazione lampo ci sono una serie di motivi prettamente politici. Due su tutti: i sondaggi sempre più preoccupanti per il Movimento (secondo una rilevazione di Sky per sei elettori su dieci il M5s ha ormai «perso la verginità») e, di conseguenza, la volontà di bloccare l'emorragia di consensi in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. In ordine di tempo, le regionali in Basilicata di domenica, il voto in Piemonte e le europee del 26 maggio.

Un filotto di esami elettorali potenzialmente letali per la leadership di Di Maio, descritto come «obbligato» a usare il pugno duro per scongiurare lo sprofondo. Interpretando, in questa occasione, in modo più severo le norme del Codice etico del M5s che obbligano all'espulsione soltanto in caso di avvenuta condanna in primo grado di giudizio. Nel contesto di ripulitura immediata dell'immagine pentastellata rientra il messaggio whatsapp inviato da Rocco Casalino ai giornalisti nel pomeriggio di mercoledì. Il portavoce di Conte scriveva: «Vi chiedo gentilmente che se parlate di De Vito di parlarne come ex M5s. È stato già espulso». Come a dire che l'arrestato con i Cinque stelle non c'entra nulla.

Ma De Vito è uno dei personaggi storici dell'attivismo romano. Molto legato a Roberta Lombardi, ex deputata e capogruppo del M5s in Regione Lazio, fratello della consigliera regionale Francesca, già candidato sindaco nel 2013 e avversario battuto a sorpresa da Virginia Raggi alle comunarie del 2016. Dai sospetti su quell'investitura, secondo molti fortemente voluta da Casaleggio senior, nasce la faida interna ai grillini della Capitale. Veleni che sono usciti fuori di nuovo dopo il clamoroso arresto di De Vito. Ha cominciato il sindaco Virginia Raggi, ospite mercoledì sera a Porta a Porta: «È noto che lui (De Vito, ndr) e Lombardi non mi amavano», ha detto Raggi. Pronta la risposta della Lombardi che ha twittato parlando di «meschine insinuazioni». Poche ora prima, la stessa ex deputata aveva pubblicato sui social uno screenshot di una chat whatsapp in cui invitava De Vito a dimettersi se fosse indagato nell'inchiesta sullo stadio.

Dinamiche non solo strettamente romane. Perché sulla questione è intervenuta anche Carla Ruocco, presidente della commissione Finanze alla Camera vicina a Beppe Grillo. Che ha scritto in una nota: «Questi episodi di illegalità vanno prevenuti. I fondatori del Movimento avevano previsto presidi organizzativi, purtroppo smantellati, fondati su condivisione e trasparenza, che costituivano gli anticorpi.

È da lì che bisogna ripartire». E Nicola Morra, senatore presidente della Commissione Antimafia, da sempre «indipendente» e critico, ha ammesso in un'intervista a Huffington Post: «M5s sta vivendo un momento di disorientamento».

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