"Quelli sono dei figli di p...". Guerra per bande nel governo

L'intercettazione choc della Guidi contro il sottosegretario De Vincenti apre uno squarcio sulle rivalità interne: Franceschini contro Orlando, Padoan contro Zanetti, Alfano contro Lorenzin

"Quelli sono dei figli di p...". Guerra per bande nel governo

Seguendo la sperimentata tecnica di comunicazione a goccia cinese, dall'inchiesta Tempa Rossa trapela ogni giorno una nuova intercettazione. Ieri è era il turno del capitolo «Guidi contro De Vincenti», con la ex ministra dello Sviluppo Economico che accusa colui che era, all'epoca (novembre 2014), il suo sottosegretario: «Non mando a p... un pezzo della mia roba per fare un favore a quel clan lì, perché loro lì sono dei figli di p..., De Vincenti è un pezzo di m...». Linguaggio colorito a parte, come ogni frase rubata (e non chiaramente contestualizzata), quella della Guidi si presta a numerose interpretazioni. I maligni notano che l'intercettazione esce proprio mentre De Vincenti, oggi sottosegretario alla presidenza del Consiglio, è dato in pole position per prendere il posto della Guidi: «Così gli si tagliano le gambe».

A Palazzo Chigi si assicura però che il premier non ha alcuna intenzione di privarsi del prezioso sottosegretario. De Vincenti «resta dov'è», e Renzi al posto della Guidi metterà «di sicuro una donna», forse Teresa Bellanova (attualmente al Lavoro) o forse un altro nome a sorpresa. Fonti vicine alla Guidi spiegano che in ogni caso la telefonata va interpretata come «un conflitto del tutto politico» tra i due: la ministra appena arrivata da Confindustria e da un coté filo-berlusconiano e il suo vice di solida appartenenza alla sinistra, che invece occupava la casella già da tempo (prima con Monti, poi con Letta). E che proveniva appunto da tutt'altro ambiente: assai vicino all'allora segretario Pier Luigi Bersani, che lo aveva voluto in quello che ancora considerava il «proprio» ministero per conto della Ditta e delle sue relazioni economiche e industriali. Il rapporto forte di fiducia con Renzi, che ora lo ha portato a Palazzo Chigi, si è costruito in seguito, quando il premier ha iniziato ad affidargli la delicata gestione dei molteplici tavoli di crisi aziendali e De Vincenti ha dimostrato le sue solide capacità.

Ma al di là dell'interpretazione da dare al caso specifico, la telefonata rubata della ex ministra apre uno squarcio sulle rivalità e i «clan» che si confrontano anche in un governo forte e fortemente centralizzato come quello di Matteo Renzi. Ci sono i capiclan «in sonno», come li definisce in una battuta un alto dirigente del Pd: ad esempio Dario Franceschini, ministro della Cultura che da tempo si è «inabissato» rispetto alla politica attiva ma che secondo le malelingue si terrebbe pronto «nel caso la Patria chiamasse» (sottinteso, a sostituire Renzi a Palazzo Chigi in caso riuscissero le manovre per far inciampare il premier). O Andrea Orlando, bravo ministro della Giustizia che molti vedono come possibile futura alternativa a Renzi alla guida del Pd. Non a caso il premier li sfotte pubblicamente come «i due dorotei».

All'Economia Padoan e il vice Morando vanno d'amore e d'accordo e in sintonia con Palazzo Chigi, mentre l'altro viceministro Zanetti, di Scelta Civica, non lesina opinioni dissenzienti (come sugli 80 euro). Del resto, spiegano i ben informati, ha il dente avvelenato col premier che lo ha sì nominato viceministro, ma non gli ha ancora firmato alcuna delega, tenendolo a bagnomaria.

C'è chi parla di gelosie tra Difesa e Farnesina: il legame di fiducia tra Renzi e Gentiloni è strettissimo, il ministro degli Esteri ha una forte investitura per la gestione di tutti i dossier internazionali, compresi quelli sui teatri di crisi bellica, e il ruolo della ministra Roberta Pinotti un po' ne risente. Tensioni anche nel clan Ncd: Lorenzin (Sanità) e Alfano (Interni) sono in perpetua gara per stabilire chi goda di maggior fiducia e accesso al premier. Per ora vince lei, dicono gli insider.

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