Sorpresa, ora i leghisti bocciano l'autonomia

Il 51% degli elettori di Salvini non vuole Regioni con più poteri. È l'effetto "conquista del Sud"

Sorpresa, ora i leghisti bocciano l'autonomia

Roma - Matteo Salvini farebbe bene a guardarsi le spalle. Nel senso che non tutto quello che il capo leghista propone e dispone viene accettato dai suoi elettori, tanto più che la composizione di chi guarda con fiducia al Carroccio è diventata sempre più eterogenea. Una frattura, quella tra elettori del Nord e del Sud, che rispecchia problemi differenti e differenti richieste e che rischia di mandare in frantumi il «tesoretto» fin qui raccolto dal ministro dell'Interno con la sua attenta «copertura» mediatica, specie sul tema dei migranti.

Ma se già sulla Tav i dissidi con i 5stelle e le soluzioni farlocche trovate non vengono digerite dal ceto imprenditoriale del Nord, tradizionale «zoccolo duro» della Lega, con la richiesta d'Autonomia per Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna il consenso nei confronti delle politiche salviniane scende notevolmente. Secondo un sondaggio effettuato da Quorum/YouTrend per SkyTg24, che risale a qualche settimana fa (febbraio), ben l'80 per cento degli elettori italiani si dice contrario all'ampliamento dei poteri a favore delle regioni più ricche. E come riportato ieri dal Mattino, quotidiano di Napoli, la cosa sorprendente è che anche la maggioranza degli elettori di Salvini, il 51%, non è affatto favorevole all'attribuzione di maggiori deleghe alle regioni. Al Nord le percentuali dei favorevoli oscillano intorno ai 40% (al Nord-Ovest 37,7%, al Nord-Est poco sopra il 44), mentre nel Sud si aggirano intorno al 5 e al Centro al 6%. Se il campione si restringe solo ai cittadini che hanno scelto il MoVimento 5Stelle, invece, si sfiora addirittura il 98 per cento di contrari. Uguale contrarietà pare riscuotere anche la Flat Tax, tutt'altro che entusiasmante per la maggioranza degli elettori leghisti.

Per il roboante leader del Carroccio questo sembra essere il maggiore dei problemi da risolvere, perché va ben oltre l'ardua convivenza nel governo con la pattuglia grillina capeggiata da Di Maio.

Anche qualora, in futuro, Salvini riuscisse a conquistare il maggior numero di voti alle Politiche e a sedere in qualità di premier a Palazzo Chigi, per lui si aprirebbe la questione delle questioni: come conciliare mele con le pere, Lega «padana», incline a forme sempre più avanzate di autonomia, contro Lega «nazionale», radicata da ultimo al Sud, ma tradizionalmente e fortemente fedele allo Stato unitario.

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